Fattori che hanno influenzato le tendenze storiche del tetano e della difterite

di Paolo Bellavite – 30 luglio 2018

Bufale o errori?

Con questo post riferisco che la prestigiosa rivista “Vaccine”, dopo accurato processo di consultazione con esperti e di revisione, ha accettato per la pubblicazione una mia lettera all’Editore. In questa lettera critico le deduzioni fatte da Pezzotti e coautori dell’ISS (tra cui Ricciardi), secondo cui le vaccinazioni avrebbero avuto il merito di sconfiggere il tetano e la difterite. Di questo tipo di critiche avevo già riferito in un precedente post su fb, ma pochi tra gli addetti ai lavori mi avevano creduto, anzi alcuni avevano sprezzantemente commentato che mi avrebbero preso in considerazione solo se avessi pubblicato le mie osservazioni su una rivista ufficiale. Ed eccoli “accontentati”!

Le valutazioni di efficacia “sul campo” dei vaccini non sono basate su studi clinici randomizzati (quelli dei normali farmaci) ma su una serie di valutazioni dell’impatto del vaccino sull’epidemiologia della malattia infettiva di interesse. La più comune argomentazione a favore dei vaccini come mezzi di prevenzione si basa sulle serie temporali, in cui viene confrontata l’incidenza di una malattia dopo il vaccino (di solito più bassa) con quella che c’era prima del vaccino (di solito più alta). In base a tali calcoli si arriva comunemente a stimare che i vaccini hanno salvato milioni di persone, un argomento che ai profani pare molto convincente e che i “non profani” sfruttano in modo massiccio per la propaganda vaccinale.

Purtroppo, ad un’analisi rigorosa tale argomento viene indebolito o, in taluni casi, confutato radicalmente. Le serie temporali NON SONO MAI UNA PROVA DI EFFICACIA, perché nel tempo si verificano sempre altri cambiamenti nell’ambiente o nella popolazione (in termine tecnico “fattori confondenti”), i quali potrebbero aver concorso ai cambiamenti osservati nell’epidemiologia di una malattia infettiva, o potrebbero averli determinati in modo preponderante.

A causa della ristrettezza dello spazio concesso, nella lettera a Vaccine mi sono limitato a contestare i conti fatti sul tetano e la difterite. Ma considerazioni analoghe si potrebbero applicare, con i dovuti adattamenti, anche ad altre malattie infettive.

https://doi.org/10.1016/j.vaccine.2018.07.061

Il lavoro di Pezzotti e altri coautori [1] riporta che la mortalità e l’incidenza della difterite e del tetano diminuirono significativamente durante il ventesimo secolo e all’inizio del ventunesimo (loro Fig. 1), un fatto immediatamente evidente dai grafici. Per stimare l’impatto della vaccinazione, gli autori hanno applicato un modello che proietta le incidenze, esistenti prima dell’introduzione della vaccinazione, negli anni successivi al vaccino. Per quanto riguarda il TETANO, le stime previste da Pezzotti e coautori dopo il 1963 (anno di inizio della vaccinazone antitetanica su larga scala) che in assenza di vaccino si sarebbe verificato addirittura un aumento della mortalità, che secondo loro sarebbe arrivata ad un’incidenza di circa 1,5 casi / 100.000 (loro Fig. 1C), il che significherebbe circa 900 decessi all’anno in Italia. Tuttavia, la proiezione risultante sembra abbastanza strana, alla luce del fatto che la mortalità stava già diminuendo prima dell’introduzione del vaccino e che il numero medio di decessi segnalati in Italia è 21 [2]. Questa differenza di ben 30 volte tra proiezioni di Pezzotti e realtà epidemiologica non può essere spiegata con la sola vaccinazione, dal momento che in Italia il 19,2% della popolazione è completamente suscettibile al tetano (circa 12.000.000 di persone) e un ulteriore 10,1% ha livelli inadeguati di anticorpi [2]. Pertanto, è ipotizzabile che la drammatica diminuzione della mortalità del tetano dopo la seconda guerra mondiale sia dovuta ad altri fattori, come i progressi nell’antisepsi, la disinfezione delle ferite e le condizioni igieniche dell’ambiente, in particolare nelle aree urbane (le spore sono diffuse dai cavalli e dalle fattorie di animali).

Per quanto riguarda la DIFTERITE, Pezzotti e coautori [1] calcolano che per la vaccinazione sarebbero stati evitati 1.832.142 casi (loro Tabella 1). Questa stima si basa sul presupposto che tutta la diminuzione dell’incidenza dal 1939 in poi (anno dell’introduzione della vaccinazone su larga scala) sia dovuta alla vaccinazione e alla proiezione di una tendenza stazionaria (loro Fig. 1B) secondo cui senza il vaccino si sarebbero verificati 60 casi di difterite ogni 100.000 abitanti, dal 1939 in poi (oggi ci sarebbero 30.000 casi all’anno di difterite!) . Questo tipo di calcolo è criticabile per molti motivi:

  1. Mentre i tassi di mortalità si erano già dimezzati dal 1900 al 1939 (loro Fig. 1 A), i tassi di morbilità (Fig. 1B) oscillavano da 30 a 80 casi / 100.000, sono inizialmente diminuiti dopo la prima guerra mondiale e poi sono raddoppiati nel periodo tra il 1920 e il 1930; tale serie temporale è strana e denota una scarsa attendibilità dei dati, perciò potrebbe avere influito sulle stime previste (va notato che gli autori hanno usato un modello matematico con regressione di primo ordine, il che significa che hanno appiattito tutte le oscillazioni, per quanto grandi, del periodo tra le due guerre mondiali; inoltre, hanno inserito nel modello i periodi post-bellici, in cui si aveva una netta diminuzione dei casi).
  2. I sintomi della faringite batterica sono facilmente rilevabili, portando a un trattamento antibiotico (in voga dai primi anni ’40 del secolo), all’isolamento dei casi e all’uso dell’antitossina, tutte procedure che in un sistema sanitario in miglioramento nel dopoguerra potrebbero aver ridotto al minimo il rischio di diffusione. In effetti, la scarlattina – una malattia altamente contagiosa che ha nella faringe la sua sede di infezione – è diminuita nelle nazioni industrializzate con il miglioramento delle condizioni di vita, poi ha continuato a diminuire con l’avvento dell’era degli antibiotici [3].
  3. I Corinebatteri esistono in ceppi tossigenici e non tossigenici, secondo l’infezione o meno da parte di un fago. Se il vaccino (che è diretto contro la tossina e non contro il batterio) avesse limitato la diffusione dei ceppi tossigeni, ciò avrebbe dovuto esercitare una pressione selettiva che avrebbe favorito i ceppi non tossigenici. Al contrario, anche i Corinebatteri non tossigenici sono quasi scomparsi dallo scenario clinico italiano [4], certo non per merito del vaccino.
  4. L’immunità fornita dalla vaccinazione è contro alla tossina, non il batterio, il che significa che le persone vaccinate sono protette dalle conseguenze letali della malattia, non dall’infezione [5]; è probabile che l’agente batterico sia eliminato dai fagociti e dagli antibiotici.
  5. Le dinamiche demografiche in Italia sono cambiate considerevolmente durante la seconda metà del XX secolo, con un marcato calo dei tassi di natalità, fattore che certamente ha influito sulla diffusione delle malattie infettive infantili, a prescindere dalla vaccinazione.

In una piccola frase della Discussione [1], gli autori ammettono che anche i fattori igienico-sanitari e gli antibiotici avrebbero potuto svolgere un ruolo nella tendenza al declino, ma l’analisi quantitativa (loro tabella 1) e le conclusioni non ne hanno tenuto conto, e neppure sono stati menzionati gli altri fattori di influenza epidemiologica qui citati. Ne deriva inevitabilmente una sovrastima dell’impatto dei vaccini e una trascuratezza degli altri fattori, in una pubblicazione ufficiale a firma persino del presidente dell’ISS. Parlare di “bufala” sarebbe scorretto, perché qui si tratta di cose serie, ma si può certo parlare di informazione sbilanciata e (difficile se volontariamente o inconsapevolmente) distorta.

Una previsione accurata della dinamica dei patogeni non può essere fatta con modelli semplicistici, mentre richiede l’integrazione di dati epidemiologici e complesse valutazioni della evoluzione degli agenti microbici e dell’ambiente [6]. In conclusione, le stime delle tendenze temporali delle malattie infettive non devono trascurare elementi importanti della lotta contro le malattie infettive come l’alimentazione, lo stile di vita, i mezzi di disinfezione, l’ambiente di vita / lavoro / scuola, la diagnosi precoce, le procedure di isolamento, gli antibiotici e le immunoglobuline per casi di emergenza. Questi interventi dovrebbero essere attuati in modo integrato e di essi si dovrebbe dare informazioni corrette ai cittadini nell’interesse della salute individuale e pubblica.

Siccome in quella Rivista è prevista anche una risposta degli autori dei lavori criticati, sono curioso di vedere – quando uscirà il fascicolo di Vaccine – se costoro avranno la onestà intellettuale di ammettere che queste note, accettate dai revisori e dall’Editore, hanno fondamento scientifico.

[1] Pezzotti P, Bellino S, Prestinaci F, et al. The impact of immunization programs on 10 vaccine preventable diseases in Italy: 1900-2015. Vaccine 2018 Mar 7;36(11):1435-43.
[2] Filia A, Bella A, von Hunolstein C, et al. Tetanus in Italy 2001-2010: a continuing threat in older adults. Vaccine 2014 Feb 3;32(6):639-44.
[3] Ralph AP, Carapetis JR. Group a streptococcal diseases and their global burden. Curr Top Microbiol Immunol 2013;368:1-27.
[4] Monaco M, Mancini F, Ciervo A, et al. La difterite è ancora una malattia da sorvegliare? Not Ist Super Sanità 2015; 28(2), 3-8.
[5] Fine PE. Herd immunity: history, theory, practice. Epidemiol Rev 1993;15(2):265-302.
[6] Gandon S, Day T, Metcalf CJE, et al. Forecasting epidemiological and evolutionary dynamics of infectious diseases. Trends Ecol Evol 2016;31:776-788.

fonte: https://www.facebook.com/PBellavite/photos/a.122200771750333/260002501303492

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