di Stefano Montanari.
“Di qualcosa bisogna pur morire…”
Frase di verità ineccepibile che pone qualche domanda. Una, per esempio, è perché spendere tanti quattrini in medicinali o in assistenza ai malati. Lasciamoli crepare e, semmai, accendiamo la TV perché ricomincia Il Grande Fratello.
Poi, quando toccherà a noi… E poi, come ebbe a dire un luminare dell’Università di Modena quando gli si fece pubblicamente notare che ciò che esce dal megainceneritore locale benevolmente assolto dal suo ateneo è micidiale per chi vive ora e per le generazioni future, “Se ci saranno dei morti, li seppelliremo.” Giusto, e c’impegneremo a sotterrarli con HERA Servizi Funerari srl, l’agenzia di pompe funebri che la multiutility della zona, gestore, tra l’altro, dell’inceneritore di cui sopra con la benedizione di “chi sa” e quella di “chi conta” ha saggiamente fondato. Insomma, dal produttore al consumatore con l’offerta ghiotta e comoda di schiattare chiavi in mano.
Da quel patetico Don Chisciotte che sono, io ho effettuato centinaia di analisi sull’ambiente, ricavandone informazioni non consolanti e, in cambio, ceffoni e sberleffi. Oltre all’aria, tra le tante cose che ho analizzato ci sta qualche centinaio di alimenti e in non pochi casi ci ho trovato dentro le polveri micro e nanometriche oggetto delle ricerche del mio laboratorio. Roba che non fa proprio bene alla salute. Stanti i costi di ogni indagine, le analisi si sono limitate ad un esemplare per ogni tipo di alimento.
Abbiamo acquistato, ad esempio, una scatola di un certo tipo di biscotti, una di una tale merendina, una di un omogeneizzato per bambini e così via.
L’operazione era mirata a fare una sorta di fotografia della situazione di ciò che mangiamo e non certo ad accusare questo o quel produttore, visto, se non altro, che gli inquinanti variano da lotto di produzione a lotto di produzione dello stesso articolo.
E la fotografia sarebbe dovuta servire a mettere sotto il naso a chi legifera che esiste un’immensa famiglia d’inquinanti su cui le leggi vigenti stanno in rigoroso e forse anche allegro silenzio. Tutto chiaro. Invece, no.
Qualcuno che era troppo pigro per andarsi a leggere ciò che stava scritto a chiare lettere in testa ai risultati pubblicati ha voluto estrapolare, affermando poi che io avessi sostenuto che quel tale biscotto è sempre inquinato da quel tipo di porcheria, che quell’omogeneizzato è mischiato regolarmente ad una data polvere, e quant’altro. Qualcun altro, qualcun altro che la sa lunga, ci ha voluto vedere una sorta d’imbroglio ordito da me per attirare, chissà perché, l’attenzione.
Eppure sarebbe bastato un minuto per leggere poche righe. Comunque sia, esattamente con le modalità di acquisizione dei campioni che usai io a suo tempo ed esattamente per gli stessi motivi (soldi), è stata effettuata una ricerca sponsorizzata dall’Unione Europea con tema le acque minerali.
Per motivi ignoti, noi italiani siamo i più grandi bevitori del mondo di acqua in bottiglia: più o meno 200 litri a testa per ogni anno, il che fa un totale di circa 12 miliardi di litri.
Dell’acqua imbottigliata ci fidiamo evidentemente più di quella che sgorga dal rubinetto di casa, il che ci potrebbe anche stare, viste le condizioni delle nostre falde acquifere su cui nessuno pare nutrire interesse, fossero anche proprio gli enti che noi manteniamo per la bisogna. Chi ha letto qualcosa dell’inceneritore (“termovalorizzatore”, come sempre, per gli allocchi) di Melfi e dell’acqua che ci sta sotto ne sa qualcosa.
Ma che differenza c’è tra l’acqua del sindaco (meno di mezzo millesimo di Euro al litro) e l’acqua del supermercato che costa duemila volte di più?
Non voglio entrare nel campo della batteriologia né in quello della chimica organica. Questo un pò perché io mi occupo di roba inorganica e un pò perché spero che qualcuno vigili sulla presenza di batteri e di sostanze come pesticidi ed altri veleni nell’acqua ufficialmente potabile. Mi sono, però, letto ciò che il gruppo di ricerca ha trovato d’inorganico e non mi è parso che ci fosse ragione per rallegrarsi.
Come avviene per gli altri alimenti, le leggi sono a dir poco deficitarie e spesso bizzarre.
Non so in quanti sanno che il Boro non può superare i 1.000 microgrammi per litro di acqua del rubinetto ma – qualcuno spieghi il perché – non ha problemi se arriva fino a cinque volte tanto in quella imbottigliata. Così per il Manganese: 50 microgrammi dal rubinetto, dieci volte tanto nella bottiglia. E il Fluoro? 1,5 contro 5. Dell’Alluminio, il probabile colpevole dell’insorgere del morbo di Alzheimer, la legge non si cura per nulla e non si scomoda a nominarlo. Così per Vanadio e Berillio, limitati in casa, illimitati al supermarket, mentre per il notissimo Uranio la legge è più equanime: ignorato comunque.
Potrei continuare ma non lo faccio perché credo che il concetto sia chiaro: chi legifera per noi è un perfetto incompetente.
O non è incompetenza ma qualcosa di peggio?
Aggiornamento al 25/05/2015