Mi è stato riferito che una mamma ha detto: “La vaccinazione è un atto d’amore”.
Fatemi capire, l’inoculazione di sostanze neurotossiche e cancerogene… da quando sono un atto d’amore?
Una cosa accomuna un genitore che vaccina e uno che sceglie, invece, di non vaccinare: il desiderio di protezione del proprio piccolo.
Questo è coniugato al concetto stesso di amore. Un atto d’amore può essere il fatto di mettersi in gioco.
Porto grande rispetto per coloro che hanno vaccinato i loro figli e, ciononostante, si aprono all’informazione: mettere in gioco le proprie azioni, aprirsi all’idea di poter aver giocato d’azzardo con la salute dei propri figli è, per me, un vero atto d’amore.
Ho investito oltre 4 anni della vita mia e della mia famiglia alla ricerca dell’informazione sulla prevenzione. Andare contro la propaganda e l’indottrinamento è cosa veramente ardua.
Una volta ho invitato una famiglia ad un incontro con la proiezione del mio documentario, figlio di questa lunga ricerca. Mi è stato risposto che la domenica è sacra. Questa famiglia è per l’obbligatorietà dell’atto vaccinale.
La sacralità delle domeniche. Quante sacrificate a convegni e studio e incontri.
Ma una famiglia che non intende spendere neanche una domenica ad una informazione diversa e vuole imporre la propria non conoscenza ad altri è, per me, molto lontana dal concetto di amore.
Non ci vedo alcun atto d’amore nell’imposizione.
Non ci vedo nessun atto d’amore nell’odio e il mancato rispetto per l’altro.
Ma forse è solo una disquisizione linguistica. Come la sicurezza e l’efficacia della vaccinazione.