«Perché la lapidazione?
Non esiste un altro modo di dare la morte, in Iran?
Perché è il più abominevole di tutti. Perché questo attentato contro il volto, questa pioggia di pietre su un volto innocente e nudo, questo raffinarsi della crudeltà che arriva persino a codificare le dimensioni delle pietre per assicurarsi che la vittima soffra più a lungo, sono un raro concentrato di disumanità e barbarie.
Perché c’è, in questa maniera di distruggere un volto, di farne esplodere la carne e ridurla a un magma sanguinante, perché c’è in questo gesto di bombardare una faccia fino a farne uscire poltiglia, qualcosa di più che il mettere a morte.
La lapidazione non è una condanna a morte.
La lapidazione è più che una condanna a morte.
La lapidazione è la liquidazione di una carne che è stata processata, in un qualche modo retroattivo, proprio questa carne: la carne di una donna giovane e bella, forse amante, forse amata, e che ha forse goduto di questa felicità di essere amata e di amare.»