MORTI DA MENINGITE E LA MALAINFORMAZIONE

meningitedi Cinzia Marchegiani

Lo spettro delle malattie che possono uccidere i nostri figli è una leva che troppo spesso viene utilizzata a scopi non chiari, soprattutto quando a colpire il germe della paura sono articoli studiati ad hoc che lasciano lacune evidenti e grossolane sulle informazioni mediche e scientifiche profuse, diventando platealmente degli ossimori di notizie. E’ umano avere paura, ma alimentarla con false notizie, che creano ancora più confusione, destabilizza il lettore e soprattutto la fiducia verso le stesse istituzioni sanitarie. Quando un genitore stringe tra le sue braccia il proprio figlio, vorrebbe proteggerlo da qualsiasi male, ma i danni di una mala informazione spesso inducono a pensare che quelle morti potevano essere evitate attuando una buona vaccinazione…ma non è così come si vuole far credere. Nasce così la necessità di un’inchiesta sanitaria de l’Osservatore d’Italia, per scoprire cosa si cela dietro informazioni artefatte che con fendenti incomprensibili addebitano i casi di meningite avvenuti negli ultimi mesi in Italia… e purtroppo anche decessi (a detta di emeriti professionisti della carta stampata e della scienza) esclusivamente al calo delle vaccinazioni. Il nostro quotidiano non si accontenta di informazioni spicciole date per scontate e, come abbiamo dimostrato con lo scandalo del vaccino antinfluenzale scoperto inefficace, anche in questo caso, daremo ai nostri lettori importanti approfondimenti che inchiodano con atti documentali le bugie. I casi di Meningite riscontrati a Roma, fortunatamente non mortali e quello della piccola di 40 giorni deceduta a Bologna sono l’esempio concreto di quanto l’informazione genera mostri più grandi della malattia stessa, ed è un danno gravissimo, poiché si rischia di far passare il messaggio che il genitore può stare tranquillo e dormire sereno tra due grossi guanciali se il proprio figlio è super vaccinato. E’ l’effetto da “incantesimo della mala-informazione” grazie al quale mezze verità assemblate anche male tra loro, diventano la banale spiegazione di fatti gravi avvenuti nella sanità italiana, arrogandosi il pretesto di condizionare, e allo stesso tempo lenire, il panico generato, invitando i genitori a vaccinare i propri figli.

I CASI DI MENINGITE A ROMA
Il 20 febbraio 2015, il sito dell’ospedale Bambin Gesù, sotto un titolo inequivocabile, “Meningite: sotto accusa il calo delle vaccinazioni-Tre ricoveri per il batterio Haemophilus B, assente da anni” si informava che erano stati eseguiti ricoveri di tre lattanti, di 2, 3 e 5 mesi, uno dei quali in terapia intensiva per la criticità delle sue condizioni, contratto in contesti completamente diversi questa forma di meningite che si riteneva debellata. Alberto Villani, Responsabile di Pediatria Generale e Malattie Infettive del Bambino Gesù specificava, sempre nello stesso articolo, che per questa malattia c’è un vaccino specifico che protegge i bambini dal rischio di contrarla: “perciò riteniamo che la recrudescenza dei casi sia legata al calo delle vaccinazioni. In mancanza di vaccinazione, infatti, il batterio responsabile circola di più e, conseguentemente, colpisce in misura maggiore”. L’articolo poi menzionava a supporto di tali tesi che proprio per il calo delle vaccinazioni, all’inizio del 2015 l’Italia ha ricevuto un richiamo da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il dato sulla diminuzione a livello nazionale è confermato dal Ministero della Salute secondo cui, nel nostro Paese, le coperture vaccinali hanno raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni.
Molti genitori confusi da queste notizie hanno cercato informazioni più dettagliate perché non comprendevano la relazione fra i casi da meningite che comunque avevano colpito neonati, e lattanti, che per la loro età anagrafica, non potevano comunque accedere alle dosi dell’esavalente dove c’è anche quello per il batterio incriminato, ma soprattutto il nesso con il calo delle vaccinazioni.

EVIDENZE DELLE COPERTURE VACCINALI, OPS… NESSUN RIFERIMENTO AL BATTERIO HAEMOPHILUS B
Il Reparto di Epidemiologia delle malattie infettive, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps), Istituto Superiore di Sanità con un documento accessibile a tutti pubblicato lo scorso 19 febbraio 2015 spiega nel dettaglio che proprio in merito alla pubblicazione da parte del ministero della Salute delle coperture vaccinali a 24 mesi d’età relative all’anno 2013 ad agosto 2014 e al recente richiamo da parte dell’Oms circa la riduzione delle coperture vaccinali (CV) per morbillo (non si parla di batterio HAEMOPHILUS B) nei bambini in Italia, molti organi di stampa hanno ripreso e amplificato le informazioni circa l’andamento delle coperture vaccinali nel nostro Paese. L’analisi dei dati del grafico di copertura per la prima dose di morbillo nel periodo 2006-2013 evidenzia che complessivamente non si sono registrate variazioni di rilievo della copertura media nazionale. La copertura era pari all’88,3% nel 2006 e all’88,1% nel 2013 e quindi la variazione percentuale nel periodo è pari a -0,2% (Figura 3). I dati specifici per regioni italiane nel periodo in esame evidenziano come le coperture vaccinali per morbillo sono migliorate in quelle regioni che partivano da coperture più basse e si sono stabilizzate o sono diminuite in quelle regioni che le avevano più elevate, con il risultato di una variazione annuale nazionale pari a 0 nel periodo in esame. Ma c’è di più, analizzando un periodo più lungo (dal 2000 al 2013), si evidenzia che la copertura vaccinale per tre dosi di antipolio ha subito nel corso degli anni piccole oscillazioni in positivo e in negativo, ma rimane pressoché costante e superiore al 95%. I dati che riguardano invece le coperture vaccinali per il morbillo sono aumentate progressivamente fino al 2008, quando hanno raggiunto un plateau del 90%. Al 2013 la copertura vaccinale è dell’88,1% contro il 74,1% dell’anno 2000, quindi c’è stata una crescita di 14 punti percentuali… insomma un aumento considerevole nel totale.

CASO DECESSO NEONATA PER MENINGITE A BOLOGNA
La piccola Miram, il 16 febbraio 2015, appena un mese dalla sua nascita era stata portata d’urgenza al pronto soccorso pediatrico del Maggiore di Bologna, dove veniva dimessa per influenza. La bimba è morta per meningite lo scorso venerdì 27 febbraio causata dal batterio streptococco. L’indagine dei Nas hanno permesso l’accesso alle cartelle cliniche con cui si è scoperto che la madre era portatrice di questo batterio, dal tampone vaginale che si effettua prima del parto era risultata positiva allo streptococco di gruppo B. In questo caso si sta cercando di capire quali sono le crepe per cui non è stata somministrata la profilassi vaccinale, scoprire insomma dove si è inserito il corto circuito delle informazioni negli ospedali. Un grave danno di malasanità che finisce in cronaca con la perdita una piccola vita.

CASO DECESSO AD EMPOLI PER MENIGOCOCCO DI TIPO C, IL RAGAZZO PERO’ ERA VACCINATO
Giovanni Locci, si legge sui giornali locali, è morto per una meningite di tipo “C”, la stessa per cui era vaccinato. E’ questo il responso dell’analisi svolta dal laboratorio specializzato dell’ospedale pediatrico Meyer in seguito alla morte del tredicenne di Bassa, arrivato in condizioni disperate al San Giuseppe di Empoli la notte di sabato 7 febbraio 2015.
Questi fatti di cronaca fotografano come spesso le tragedie vengono strumentalizzate per allertare la popolazione sui cali vaccinali, che invece non hanno in questo caso la paternità dei decessi, mentre il più delle volte trattasi di assurda malasanità, o addirittura incapacità del vaccino ad immunizzare, che invero non trova volontà di aprire un’indagine scientifica.

In questo marasma di mala informazione, ci viene incontro il dott. Girolamo Giannotta, pediatra di lungo corso, che in materia di vaccini e vaccinazione non lascia nulla al caso.

  • La meningite rimane una malattia che terrorizza qualsiasi genitore, ma spesso si pensa che basti un vaccino per essere immuni. Partendo dal caso romano, che ha colpito tre bambini di 2, 3 e 5 mesi di vita, cosa si poteva fare? E’ vero che è legato al calo di vaccinazioni?

Analizzando i dati utili che provengono dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che riguardano la sorveglianza delle malattie batteriche invasive aggiornati al 31 ottobre 2014, si scopre che il numero dei casi di infezioni invasive (meningiti e sepsi) da Haemophilus influenzae rimane limitato, sebbene si osservi un lievissimo incremento dell’incidenza nel corso degli ultimi 3 anni (da 0,08 casi per 100.000 nel 2011 a 0,13 nel 2013). L’incidenza è bassa in tutte le fasce di età, ma più elevata nel primo anno di vita e negli anziani. Relativamente al quadro clinico, oltre il 65% dei casi riportati nei diversi anni presenta sepsi. I casi dovuti al sierotipo b, gli unici prevenibili mediante vaccinazione, si mantengono rari (nessun caso nel 2011, 6 casi nel 2012, 5 casi nel 2013). Tra questi, solo due casi insorti in bambini vaccinati contro H. influenzae soddisfano i criteri per la definizione di fallimento vaccinale. Dei 5 casi segnalati nel 2013, due casi sono fallimento vaccinale (1 bambino di un anno, vaccinato con una dose e un bambino di 10 mesi vaccinato con 2 dosi).

  • Cosa significa i termini di copertura vaccinale?

Il numero dei casi di meningite dovute ad H. influenzae nel 2013 si riferiscono a cinque casi e sono quasi ugualmente distribuiti tra vaccinati e non vaccinati. Detta in altri termini, la vaccinazione non ha potuto evitare la meningite a quei due soggetti vaccinati, ma non immunizzati. In merito ai bambini invece ricoverati al Bambin Gesù, erano troppo piccoli per essere ritenuti completamente immunizzati contro l’Haemophilus influenzae (non conosciamo il loro stato vaccinale ma quelli di 2 e di 3 mesi al massimo possono aver avuto una dose, e nella migliore delle ipotesi quello di 5 ne ha potuto ricevere 2), e quindi non si può imputare la loro meningite ad un calo vaccinale, che non vi è stato, per i limiti prima indicati.

  • Il caso di meningite da meningococco di tipo C, i dati ufficiali cosa riportano?

In sintesi, nel 2013 sono stati segnalati 162 casi di malattia invasiva da meningococco. L’incidenza della malattia invasiva da meningococco è maggiore nella fascia di età 0-4 anni e in particolare nel primo anno di vita in cui l’incidenza supera i 3 casi per 100.000. Però nel primo anno di vita non si vaccina contro il meningococco C che è quindi libero d’agire. Spesso i genitori allarmati dai lanci di agenzia vanno in tilt, e non comprendono che i bambini piccoli, non possono ricevere questo vaccino e non sempre la vaccinazione copre tutti i tipi di meningiti. Il caso invece della malattia invasiva da pneumococco, i dati segnalati sempre nell’anno 2013, citano 963 casi segnalati. L’incidenza nella fascia di età 1-4 anni è in incremento rispetto al 2000, ed in decremento rispetto al 2011 che comunque non inverte il trend in ascesa dal 2000, a dispetto dell’intensa campagna vaccinale. Certo esiste il 5° anno che loro includono nei calcoli, ma non credo sposti i termini del problema. Inoltre, il numero complessivo delle infezioni invasive da pneumococco rimane elevato anche in Regioni che nel 2012 mostravano coperture per la vaccinazione pneumococcica al di sopra dell’85% nei bambini fino a 24 mesi, come Piemonte ed Emilia-Romagna. Senza ombra di dubbio, con lo pneumococco sta succedendo qualcosa che non sappiamo. I casi totali sono praticamente quadruplicati, l’incidenza nella popolazione generale è quadruplicata dal 2000 al 2013 (0,4 vis 1,61) e l’incidenza nella fascia di età 1-4 anni è in incremento nel periodo 2000-2013 (1,25 vis 1,76), anche se la situazione era peggiore nel 2011.

  • Dott. Giannotta, ci fa una panoramica dettagliata del vaccino esavalente ed anti-meningite

Attualmente il vaccino esavalente somministrato ai bambini è Infanrix-hexa. E’ un vaccino adsorbito contro Difterite, Tetano, Pertosse, Epatite B, virus Polio e batterio Haemophilus influenzae tipo b (Hib). Gli adiuvanti sono i Sali d’alluminio per un ammontare complessivo di 0,82 milligrammi a dose. Il vaccino può contenere tracce di formaldeide, neomicina e polimixina che sono impiegate durante il processo di produzione.
Il ciclo vaccinale di base prevede tre iniezioni da effettuare durante il primo anno di vita e da eseguire al 3°, 5° ed 11° mese (3).
Lo studio olandese (van Alphen L., Spanjaard L., van der Ende A., Schurman I., Dankert J. Effect of nationwide vaccination of 3-month-old infants in The Netherlands with conjugate Haemophilus influenzae type b vaccine: High efficacy and lack of herd immunity. J Pediatr 1997; 131: 869-73) conclude affermando che la capacità del vaccino coniugato (contro l’H. influenzae di tipo b) di prevenire la meningite è del 99.4%, in bambini vaccinati con 2 o più dosi. La lettura degli stessi risultati però dice che nel periodo della campagna vaccinale i casi di meningite da H. influenzae tipo b erano 22, rispetto ai 342 dell’era pre-vaccinale. Come si vede i numeri sono molto piccoli e non bisogna ingigantirli anche se si tratta di malattie serie. Ma la cosa importante sta nel fatto che due bambini con meningite da H. influenzae tipo b erano stati vaccinati tre volte, 13 avevano ricevuto una sola dose o nessuna dose, e 7 non erano vaccinati. Come è evidente anche i vaccinati con tre dosi di vaccino anti-H. influenzae tipo b possono contrarre la meningite da H. influenzae tipo b. Ma, ripeto, sono sempre piccoli numeri e testimoniano piccole verità.
Per il Meningococco C, l’unica dose prevista dalla schedula vaccinale italiana si deve effettuare all’età di 13 mesi. Ne deriva che nessun bambino prima dei 13 mesi può avere una vaccinazione contro il meningococco C e per tale motivo gli eventuali casi di meningite di questo tipo, insorti prima di quell’età, non possono essere addebitabili alla mancata vaccinazione, poiché in caso contrario si ingannano i lettori.

  • Ci sono studi che dimostrano l’inefficacia di alcuni vaccini per meningite e di quale tipo?

L’agenzia per la salute pubblica del Canada (http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/p04-meni-eng.php), dice che l’efficacia del vaccino anti-Meningococco C è del 97% all’interno di un anno dalla vaccinazione, ma decresce al 68% dopo un anno. Poiché la dose vaccinale è unica e dopo un anno dalla vaccinazione almeno 3 bambini su 10 sono scoperti, non si capisce il razionale di questo programma vaccinale, anche in considerazione del fatto che l’immunità svanisce col tempo. Anche le autorità canadesi si appellano al beneficio aleatorio della “herd immunity” il cui razionale, od irrazionale, starebbe nel fatto che i componenti di un gregge immunizzato al 96% conferiscono protezione al rimanente 4% del gregge. Cosa assolutamente assurda visto che non si vaccina il 96% del gregge, che il gregge è alimentato dai nuovi nati non vaccinati per limiti di età, che non tutti i vaccinati si immunizzano e che l’efficacia del vaccino svanisce nel tempo, già a partire da un anno dopo, ed alla luce del fatto che la dose è singola. Oltre questi limiti, va riconosciuto che la campagna vaccinale ha prodotto nel periodo 2000-2013 un calo dell’incidenza nella fascia d’età di 1-4 anni (2,8 vis 1,08).

  • Perché vaccinare non equivale ad immunizzare?

L’atto della vaccinazione è una meccanica procedura che porta ad iniettare una miscela precostituita di antigene ed adiuvante che si prefigge il teorico scopo di evocare una risposta immunitaria protettiva nei riguardi dell’antigene introdotto, che è simile a quello del germe o della tossina contro i quali desideriamo produrre la sospirata risposta immunitaria. Anche se non è sempre così, spesso è così. Ma il nostro progetto vaccinale deve fare i conti col nostro sistema immunitario che percorre le sue tappe evolutive secondo modalità che ai più sono sconosciute. Solo per sommi capi, il sistema immunitario del piccolo bambino ha deficienze specifiche dovute alla sua immaturità ed ha un supporto specifico ed allargato che è stato precostituito in gravidanza. Per chi non ha dimestichezza con la sostanza vaccinale, le cose possono essere semplicisticamente poste ed all’iniezione del vaccino deve corrispondere l’automatica elaborazione di una risposta immunitaria protettiva. Purtroppo, l’antigene vaccinale non ha nessuna possibilità di evocare una risposta immunitaria adattativa in assenza dell’adiuvante che ha il compito di provocare un processo infiammatorio idoneo a stimolare la risposta immune innata dalla quale dipende indissolubilmente la risposta adattativa (generalmente la produzione di un anticorpo specifico contro l’antigene vaccinale). Anche in queste idilliache condizioni, spesso le cose non vanno come si desidera e la risposta immunitaria può essere lenta a venire, può non essere ottimale in tutti i casi e manca in altri.

  • Come si fa a riconoscere questa malattia, qual è la clinica delle meningiti?

Molto spesso la meningite batterica è il risultato della disseminazione ematogena dei microrganismi che partono da un sito distante (Nelson Textbook of Pediatrics. Acute Bacterial Meningitis Beyond the Neonatal Period. Chapter 595.1: 2087-2095, 2011). La batteriemia (presenza dei batteri nel sangue) usualmente precede la meningite od è concomitante. Spesso la colonizzazione batterica del nasofaringe, da parte di un microrganismo potenzialmente patogeno, rappresenta il sito dal quale origina la batteriemia. In altre parole, spesso il batterio colonizza gola e naso per poi accedere al sangue ed arrivare al cervello. Attraverso i plessi coroidei dei ventricoli laterali (qui la barriera emato-encefalica è più permissiva) e le meningi, i batteri possono accedere al sistema nervoso centrale e circolare nei vari compartimenti, compreso il liquor e gli spazi subaracnoidei.
Per noi è fondamentale capire quando siamo in presenza di questo drammatico quadro. Innanzitutto, l’esordio della meningite acuta ha 2 pattern predominanti. Il più drammatico e, fortunatamente, meno comune, contempla un brutale inizio con i sintomi di un quadro di shock rapidamente progressivo con porpora (macchie rosse sulla pelle che non scompaiono alla pressione esercitata sulla cute con un vetrino o con un bicchiere di vetro a casa del paziente, mezzo di medicina di campagna decisamente efficace), coagulazione intravascolare disseminata, ridotti livelli di coscienza che spesso esitano nel coma progressivo e si concludono con la morte del paziente entro le 24 ore dall’esordio.
Per nostra fortuna, e per fortuna relativa del paziente, molto spesso l’esordio della meningite è preceduto da diversi giorni di febbre accompagnata da sintomi respiratori alti (raffreddore, tosse, lacrimazione, mal di gola) o da disturbi gastrointestinali (vomito, diarrea, dolori addominali) seguiti da segni non specifici di infezione del sistema nervoso centrale, quali, sonnolenza eccessiva ed irritabilità. È questo secondo tipo d’esordio che “i giornalisti del clamore” non conoscono e li induce a gridare allo scandalo e tuonare contro la classe medica.
È del tutto evidente che detti sintomi sono simil-infuenzali e possono essere etichettati come influenzali senza per questo chiamare inappropriatamente in causa la malasanità. Solo la comparsa di sonnolenza eccessiva e di irritabilità inducono il sospetto che porta il medico a cercare i segni neurologici nel paziente. I segni dell’irritazione delle meningi (rigidità e dolore nucale) possono anche mancare nel piccolo lattante, dove è più facile trovare la testa che cade e la fontanella bregmatica bombata. Nel bimbo più grande si deve ricercare il segno di Kernig (si porta a 90° l’anca e poi si estende la gamba che provoca dolore) e quello di Brudzinski (si flette il collo del paziente supino e si verifica una flessione automatica del ginocchio). Da notare che questi due segni possono non essere sempre presenti fino ai 18 mesi di vita. In realtà, febbre, mal di testa e rigidità nucale sono presenti solo nel 40% degli adulti con meningite batterica. Le convulsioni sono presenti nel 20-30% dei casi di meningite e se si presentano entro i primi 4 giorni non hanno un pessimo significato prognostico.
Il resto, è pertinenza della medicina ospedaliera, poiché a noi spetta l’ingrato compito di scoprire il secondo pattern nel più breve tempo possibile ricordando di valutare con più attenzione la sonnolenza e l’eccessiva irritabilità del bambino, che spesso esiste anche in assenza di malattia specifica.

Termina questo viaggio importante che l’Osservatore d’Italia dedica alle famiglie, affinché le paure giustificate, non diventino una corsa irrefrenabile ad un ausilio medico che spesso non può difendere dalla mala informazione, colpevole di generare mostri più grandi delle stesse temute malattie, e non sempre quello che si legge “E’ così se vi pare”.

http://osservatoreitalia.it/index.asp?art=3489

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