«I traffici di uomini esistono perché ci sono forti connivenze tra mafie e potere politico» (ha commentato Barsella in un’intervista a redattoresociale.it). Se il traffico di uomini è così florido, la responsabilità deve pesare anche sulle spalle della politica europea “e di leggi come la Bossi-Fini che permettono di arrivare in Italia solo se si ha un lavoro. Questo facilita le organizzazioni criminali, invece avremmo tutti i vantaggi a legalizzare i flussi e cercare di gestirli, invece che far arricchire i criminali”.
Cosa è emerso dal rapporto. Solo il 10-15% di chi prova a intraprendere il percorso per partire, riesce a completare questo viaggio, che può durare anche anni. Gli altri, restano impigliati nelle reti dei trafficanti, o restano senza soldi a metà della traversata.
Le rotte per raggiungere la Libia. Tre sono le vie che da terra permettono di raggiungere i porti nordafricani, libici in particolare:
La prima segue il sentiero occidentale e interessa soprattutto Mali, Senegal e Gambia. La città snodo di questa rotta è Agadez, in Niger, a più di 700 chilometri dalla capitale Niamey. È l’ultima città prima del deserto: qui si è registrato un forte aumento della presenza degli africani occidentali e si contano diverse “case di transito” definite “ghetti” nel rapporto di Global Initiative, dove possono vivere fino a 500 migranti per volta. Da Agadez, pagando qualche centinaio di dollari,si possono raggiungere le città interne della Libia, Ghatron (200 dollari), Murzik (250 dollari) e Sebha (300 dollari). A gestire il traffico è il gruppo etnico dei Tabu, i neri di Libia, discriminati dalla maggioranza araba (più ricca) che vive sulla costa.
La secondo rotta è il sentiero nel Sahel che s’incrocia con il corridoio centrale, imboccato da chi proviene da Nigeria, Ghana e Niger. Chi passa da qui, fa sempre tappa in Burkina Faso. A Ouagadougou, la capitale burkinabé, è molto forte la presenza della mafia nigeriana, che gestisce i traffici delle vittime di tratta. Queste, a differenza dei migranti, sono costretti ad andare in Europa contro la propria volontà.
Il Burkina Faso ha ben 3.200 chilometri di frontiere e confina con sei differenti Paesi : nonostante ciò, ha solo 300 funzionari e un personale impreparato che non è in grado di gestire il passaggio di decine di migliaia di persone al giorno. Qui il controllo della rete dei traffici è in mano soprattutto ai Bissa, il gruppo etnico dominante nell’area centro-meridionale. Chi vuole evitare il mare, con cifre tra i 6.000 e i 10.000 dollari può ottenere dai trafficanti un documento falso e un biglietto aereo. I migranti che non hanno soldi a sufficienza, possono contrarre un debito con i loro trafficanti, da saldare una volta raggiunta la destinazione, diventando così vittime di estorsione e di ricatti. A volte, per sanare immediatamente il debito, accettano anche di trasportare droga.
L’ultimo sentiero, quello orientale, è percorso dai migranti del Corno d’Africa, che arrivano soprattutto da Eritrea, Etiopia, Sudan del Sud e Darfur. Il punto di partenza per chi vuole lasciare questi paesi si chiama Omdurman: qui, al mercato cittadino si trovano i contrabbandieri che portano i migranti a Al Kufra, l’hub libico da cui posi si raggiunge Tripoli, il porto da cui si va in direzione Lampedusa. Altra tappa obbligata è l’Egitto, dove i migranti pagano i wasit (intermediari) per ottenere le informazioni e i passaggi per la Libia. Prima di prendere il mare, i migranti vengono ammassati in cittadine di campagna (come Zlitan e Zuwarrah) collegate con la costa attraverso dei bus senza sedili, in cui salgono fino a 50-60 persone per volta.
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