di Bruno Panuccio
T’aricordi quer pischello ,
che se spense contr’ a ‘n palo ,
a quidici anni …sur più bello ,
…su ‘sta storia m’aricalo .
Nun è che scordata io poi l’abbia ,
è che er silenzio me veniva dar rispetto ,
ma ora la voce m’arisorte pe’ la rabbia ,
e tiro fora quer che prima era costretto .
Partiam’ dicenno ch’è ‘n’ è sorte ,
e ancor men fatalità ,
se ar monno lo tolse quella morte ,
celate rispuntan responsabilità !
Perché er palo lì fu dimenticato ,
ner mezzo della strada trovò posto ,
aspettanno che prima o poi un disgraziato ,
pagasse pe’ tutti er sommo costo .
Ma ar dolore , or s’aggiunge la monnezza ,
quarcuno chiede er conto dell’imbratto ,
perchè er sangue pe’ quarcun è ‘na ricchezza ,
pulisce pe’fa cassa , e vaffanculo ar tatto !!
Signora , ecco pronta la fattura ,
su figlio de lerciume , spiacente , ma ha peccato ,
arimette a posto pe’ noi si ch’è stata dura ,
condoglianze , ma er conto va saldato !!
Tutto ciò me crea ar core confusione ,
che quer che penso , m’arisurta un paradosso ,
ar cervello m’arriva quasi ‘n’illusione ,
ve la dico : nun la posso tenè addosso !
Che ‘sto ragazzo , alla fine è fortunato ,
e co’ lui chiunque giovane è partito ,
perchè se alla fine questo è il risultato ,
chi vive su ‘sta terra va solo compatito .
Angeli der cielo , ve chiedo un gran piacere ,
pe’ tanti potrà sembrà ‘na gran schifezza ,
pisciatece dall’alto , fino a formà ‘n cratere ,
così da seppellicce ‘sto monno de monnezza !!!