La trasmissione L’inchiesta linkata dal sito RaiNews24
Dieci anni fa era sull’orlo della liquidazione, come l’Agip di Enrico Mattei. Oggi la compagnia atomica di stato del Kazakhstan è una delle “grandi” del mercato dell’uranio, tanto forte da permettersi di lanciare il guanto di sfida ai giganti del settore, i canadesi di Cameco e gli australiani di Rio Tinto.
Merito dell’impennata dei prezzi, dovuto alla nuova “voglia di nucleare” che dall’Asia sembra estendersi anche all’Occidente ma anche merito della impressionante serie di accordi strategici messi a segno negli ultimi 24 mesi dal presidente di Kazatomprom, Mukhtar Dzhakishev. Oggi il braccio nucleare del Kazakhstan controlla il 10% della Westinghouse – leader nella costruzione di centrali nucleari – dispone di un sofisticato impianto per la conversione e – in condominio con la Russia – ha acquisito un centro per l’arricchimento dell’uranio. “Con questi tasselli abbiamo il ciclo completo della produzione”, dice Dzhakishev. “Entro il 2015 saremo in grado di produrre 15mila tonnellate di uranio all’anno, saremo il primo produttore del mondo”.
Il Kazakhstan dispone di un milione e seicentomila tonnellate di uranio minerale – le riserve più grandi dopo quelle dell’Australia – e ha i costi di estrazione più bassi: se il prezzo sui mercati internazionali salirà o almeno si manterrà a lungo sopra i cinquanta dollari per oncia, l’uranio del Kazakhstan sarà un affare colossale per le compagnie minerarie.
Ma quanto durerà la promessa kazaka? Aspo-Italia è il ramo italiano dell’associazione che studia il picco delle riserve energetiche e, in particolare, quello del petrolio. Secondo gli studi condotti l’estrazione di risorse minerali – petrolio, gas, uranio – ha superato il proprio picco di massima disponibilità. Ugo Bardi, presidente dell’associazione, lancia l’allarme: “Esiste la possibilità, e ci sono dei dati che la rendono una possibilità reale, che noi entro qualche anno ci si trovi in difficoltà a rifornire di uranio le centrali esistenti e questa è una possibilità, una eventualità che non possiamo trascurare”. E sulle risorse di carburanti minerari avverte: “Se continuiamo nel paradigma di volerle sfruttare sempre all’estremo e di non limitarci in nessun modo, a questo punto in tempi anche non lunghi ci troveremmo in difficoltà”.