La trasmissione L’inchiesta linkata dal sito RaiNews24
L’inchiesta nasce dal Rapporto del Gruppo di Monitoraggio incaricato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di vigilare sul rispetto dell’embargo sulla fornitura di armi a tutte le fazioni in lotta in Somalia, stabilito da una risoluzione fina dal 1992.
La situazione nel paese è molto grave. Gli osservatori della Nazioni unite denunciano che il numero di armi è aumentato in modo esponenziale, sia tra i seguaci delle corti islamiche, che nelle forze del Governo federale transitorio, riconosciuto dall’Onu ma preda dei signori della guerra sopravvissuti. Le violazioni all’embargo coinvolgono, oltre ai trafficanti, i governi dell’area, Eritrea ed Etiopia, ma anche Gibuti, Arabia Saudita e Yemen.
Il rapporto Onu pubblicato lo scorso maggio accusa direttamente anche l’Italia e parla di due invii di materiale militare proveniente dall’Italia, e destinati ai miliziani del Governo federale transitorio, detto TFG.
Bruno Schiemsky, coordinatore degli ispettori Onu, racconta le violazioni imputate all’Italia.
Secondo quanto raccolto da Schiemsky, almeno 18 camion militari provenienti dall’Italia sono arrivati nell’ottobre 2005 al porto di El Ma’an, vicino a Mogadiscio, e poi si erano diretti a Johar, dove erano usati per trasportare truppe e su alcuni dei camion erano inoltre montate armi antiaereo.
Il rapporto parla anche di alcuni voli organizzati dall’Italia e atterrati all’aeroporto di Johar, dove hanno scaricato materiale proveniente dal ministero della Difesa, in parte finito anch’esso ai militari del presidente Abdullahi Yusuf.
Alla dettagliata richiesta ufficiale di chiarimenti, il governo italiano ha risposto con una lettera ufficiale attraverso la propria rappresentanza diplomatica presso l’Onu di New York. Nella missiva, l’Italia si dichiara estranea alla spedizione dei camion, mentre afferma che gli invii per aereo, sei in tutto, facevano parte di aiuti della Cooperazione italiana.
Secondo Schiemsky, la replica del Governo Italiano ha aperto interrogativi più che dare risposte. Le autorita’ italiane hanno detto: e’ possibile che un privato abbia esportato camion militari in Somalia. Ma purtroppo il Governo Italiano non ha fornito il nome di questa persona ne’ ha fatto sapere se questi avesse comprato i camion dall’esercito italiano. Non ha consegnato alcuna documentazione sulla dismissione di materiale militare, ne’ sull’esportazione di questi camion, o sulla linea marittima che li ha trasportato fino in Somalia.
L’Italia ha un inviato speciale per la Somalia, che ha la sua sede sempre a Nairobi.
Mario Raffaelli, una lunga esperienza come sottosegretario agli esteri tra il 1984 e il 1992, conosce bene l’Africa, dove ha mediato positivamente la fine della guerra in Mozambico. Raffaelli si limita a confermare la risposta ufficiale.
Massimo Alberizzi, inviato in Africa del Corriere della sera, ha potuto verificare sul posto le accuse. I camion, rilevati da un uomo d’affari sono stati spediti a Dubai, negli Emirati Arabi, uno dei porti piu’ utilizzati per le triangolazioni di materiale sospetto.
Per quanto riguarda, invece, le spedizioni curate dalla Cooperazione, parte delle forniture sono effettivamente andate ai miliziani del Governo federale transitorio, ma nel caso di alcuni generatori, sono finiti addirittura sul mercato.
Alberizzi racconta anche un episodio riguardante una spedizione di camion inviati in Eritrea come aiuti e subito targati militari.
Rainews24 ha trovato in Italia un testimone di uno degli episodi contestati.
Oreste Mazzi dal 1989 va su e giu’ per la Somalia, ma i suoi interessi sono legati piu’ al mal d’africa che agli affari. Ha preso in affitto un terreno in riva al mare, proprio a fianco del porto di El Maan, oggi principale punto di approdo per ogni tipo di merce trattata sul mercato.
Mazzi era sul posto quando sono sbarcati i camion, prima presentati come un dono dell’Italia, versione presto cambiata dalle autorita’ portuali, in un invio dello Yemen.
Mazzi, che ha anche ripreso con la sua telecamera i mezzi, ha tentato di avvicinarsi alla colonna, ma e’ stato allontanato dalla scorta di miliziani che controllavano strettamente gli automezzi e il loro carico, subito partiti per Johar.
Secondo gli ispettori Onu, gli automezzi sono sbarcati a el Ma’an dalla nave mercantile Mariam Queen, nota localmente come Abu Maruyama.
Da una rapida ricerca su internet e alle Capitanerie dei porti italiani, verifichiamo che la Mariam Queen in Italia non e’ arrivata mai. Varata nel 1974, e’ un cargo di piccola stazza, una carretta del mare addetta ai trasporti su e giu’ tra corno d’africa e penisola araba, come dimostra una traccia dei suoi passaggi nel porto saudita di damman, uno dei tanti scali usati per le triangolazioni di merci con l’Europa
Responsabilita’ italiane emergono anche dal nuovo rapporto Onu, presentato in questi giorni al Consiglio di Sicurezza: l’Eritrea, infatti, che ha fornito alle Corti islamiche aerei da guerra smontati e spediti ufficialmente come pezzi di ricambio, nel 2005 ha acquistato dall’italiana Aermacchi componenti per i caccia MB 339, come registra la relazione annuale sul commercio di armamenti presentata dal governo. La vendita, per un valore di 1.138.000 euro, ha avuto regolarmente l’autorizzazione all’esportazione, secondo quanto stabilito dalla legge 185 del 1990 sul commercio internazionale di armi; un’autorizzazione che, pero’, deroga alla regolamentazione sulle forniture militari verso paesi destinatari di aiuti della Cooperazione Italiana.