La trasmissione L’inchiesta linkata dal sito RaiNews24
La spinta verso la privatizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato subisce un’accelerazione alla fine degli anni 90 per effetto dei vincoli posti alla finanza pubblica dall’Europa. L’utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico diventa così uno strumento per risanare i bilanci statali. Prendiamo ad esempio la più importante operazione di questro tipo che è quella effettuata da Scip (la Societa’ cartolarizzazione immobili pubblici).
Scip si svolge in due fasi. In un primo momento viene trasferito dallo Stato alla “società veicolo” (Scip) un portafoglio di immobili da dismettere. La Scip, per poter pagare l’Ente proprietario, emette i titoli, che rappresentano l’obbligazione alla restituzione del prestito acquisito, sul mercato. Lo Stato incassa così i proventi in anticipo rispetto alla vendita reale, o quantomeno riceve un ‘prezzo iniziale’.
La seconda fase prevede che il titolo emesso venga rimborsato alla Società con l’incasso della vendita degli immobili. Infine la Società dovrebbe addirittura versare allo Stato, ex titolare degli immobili, la differenza tra il prezzo iniziale già versato e l’importo effettivamente conseguito.
Ma dopo 6 anni di attività di Scip qual è il bilancio? Il bilancio è davvero povero. Lo stato ha ricevuto, come ‘prezzo iniziale’ delle dismissioni, 9 miliardi di euro cedendo immobili per un valore stimato dalla Agenzia del Territorio pari a circa 15 miliardi di euro (5.1 miliardi con Scip 1 e 10 miliardi con Scip 2). Nel frattempo Scip ha incontrato diverse difficoltà a vendere tutti gli immobili, i costi sono aumentati e le entrate sono ancora al di sotto dei 9 miliardi anticipati. Anche se Scip riuscisse ad andare in pareggio, la perdita secca per l’Erario sarebbe di 6 miliardi di euro.
L’inchiesta racconta difficoltà e contraddizioni che hanno incontrato Scip e gli altri Enti che hanno dismesso determinado il fenomeno che i media hanno chiamato ‘svendopoli’.