Olio di palma… sostenibile?

olio di palma

di Davide Collavini

Per mesi abbiamo assistito ad una massiccia campagna pubblicitaria a favore dell’olio di palma soprattutto nelle reti nazionali principali. A cosa è dovuta questa campagna pro olio di palma sostenibile ? Chi ha finanziato tale iniziativa? Quali sono i reali rischi denunciati anche dall’Istituto Superiore di Sanità nel consumo di olio di palma?

Gli spot dell’olio di palma

Dal 28 febbraio 2016 e mesi successivi sulle reti Rai e Mediaset sono iniziati gli spot pro olio di palma. Il costo dell’operazione non è nota ma si ipotizza qualche milione di euro. Il promotore di questa campagna è la nuova associazione “Unione Italiana per l’olio di palma sostenibile” (1)

Il numero di aziende sostenitrici e di gruppi industriali è notevole.

Nella lista troviamo:

  • Ferrero,
  • Unilever,
  • Nestlé e Unigrà,
  • Aidepi,
  • Assitol (Associazione italiana dell’industria olearia che raggruppa le principali aziende del settore che producono olio extravergine di oliva, olio di semi e margarine),
  • Associazioni Prodotti e Preparazioni alimentari aderenti ad Aiipa (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari).

Si tratta di una santa alleanza che riunisce buona parte delle aziende alimentari che usano olio di palma. Questo elemento deve fare riflettere perché dimostra che gli alimenti contenenti l’olio tropicale sono migliaia e che l’invasione si è estesa a tutti i livelli. La stima di 12 grammi di palma al giorno presenti nel piatto degli italiani (dato fornito dalle stesse aziende) è inquietante. Per un ragazzo arrivare al limite non è difficile, bastano mangiare a colazione 5 biscotti tipo Molinetti Mulino Bianco Barilla (ognuno contiene circa 2.5 g di palma e 0,4 g di burro).

Uno schieramento così ampio da un lato preoccupa, perché raramente tanti marchi si alleano per una battaglia comune. Dall’altro va detto che per riabilitare l’immagine di un olio le cui coltivazioni distruggono le foreste pluviali dell’Indonesia, provocando incendi che durano mesi distruggendo decine di migliaia di ettari, costringendo all’evacuazione migliaia di persone e determinando la morte degli oranghi, ci vogliono tanti soldi ed è anche difficile.

La decisione di una nuova dispendiosa campagna pubblicitaria probabilmente è stata presa per frenare la continua emorragia di clienti che non comprano più prodotti con l’olio tropicale sia per motivi ambientali che di salute.

Ma quali sono i rischi per la salute?

Anche L’Istituto Superiore di Sanità in un documento ha evidenziato i problemi derivanti dall’uso eccessivo di olio di palma, un eccesso di assunzione di acidi grassi saturi nei bambini (+49%) dovuto in misura rilevante all’uso generalizzato del palma. Stiamo parlando di grassi aterogeni che devono essere assunti in quantità il più possibile ridotta.

Il documento dell’ISS prende come riferimento la fascia di età dai tre ai dieci anni e indica un’assunzione giornaliera media di acidi grassi saturi derivanti da prodotti contenenti olio di palma di 7,72 g (pag. 21) a fronte di un fabbisogno energetico medio di 1.689 kcal di maschi e femmine (Larn 2012). Secondo l’Efsa la quantità di acidi grassi saturi complessivi nella dieta giornaliera derivante da carne, formaggio, latte, prodotti da forno, biscotti… dovrebbe essere la più bassa possibile “as low as possible” (3), e comunque non superiore al 10% delle calorie: quindi nel caso in oggetto non dovrebbe superare il valore medio di 18,7 g. La relazione a pag. 14 stima un consumo di 27,88 g/die per i bambini che rispetto ai 18,7 da noi calcolati risulta il 49% in più. Si tratta di un dato importante perché dei 27,88 grammi di acidi grassi saturi totali, ben 7,72 g (il 28%) derivano dal palma (4). Abbassare questa percentuale è possibile perché è dovuta a cibi con bassa densità nutrizionale ed elevata densità energetica che le linee guida raccomandano di ridurre per contenere sovrappeso e obesità (5).

Il documento dell’ISS indica 77 mila tonnellate (dato FAO non più aggiornato dal 2011), da cui si ricava un consumo medio per gli italiani di 3,15 g. Si tratta di una quantità ampiamente sottostimata che non considera l’incremento esponenziale delle importazioni registrato negli ultimi 5 anni. Basta esaminare i dati ufficiali pubblicati sui siti di Barilla e Ferrero per rendersi conto che il contributo giornaliero di olio di palma derivante dal consumo dei loro prodotti è di poco superiore ai 2,5 g al giorno (6). La differenza tra il consumo reale e il dati dell’ISS è sin troppo evidente. Per fortuna il documento quando valuta i consumi degli italiani non considera il valore delle importazioni, prende in considerazione valori che si avvicinano di più alla realtà.

Sono moltissimi i prodotti contenenti olio di palma

Perché l’ISS non ha dato il giusto risalto agli aspetti rilevanti emersi nello studio, evidenziando l’eccesso di acidi grassi saturi nei bambini (49%) e negli adulti (+24%). Si tratta di informazioni importanti per promuovere l’attività della salute proprie dell’ISS e del Ministero della salute. Da queste percentuali si evince che basterebbe sostituire l’olio di palma con altri oli più ricchi di mono e poli-insaturi (girasole, mais, oliva) per normalizzare l’assunzione di saturi sia nella dieta dei bambini che degli adulti; in fondo è quello che ci ha insegnato la tradizione della dieta mediterranea, dove l’olio di palma trova difficilmente un posto.

  1. http://www.oliodipalmasostenibile.it/
  2. http://www.ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2016/03/olio-di-palma-parere-ministero-iss-2016.pdf
  3. Scientific Opinion on Dietary Reference Values for fats, including saturated fatty acids, polyunsaturated fatty acids, monounsaturated fatty acids, trans fatty acids, and cholesterol. EFSA Journal2010; 8(3):1461
  4. Elaborazione secondo i riferimenti LARN 2012
  5. SIO ADI Standard Italiani per la Cura dell’Obesità, pag 142

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