Cose di cui non hai bisogno

“Sei obbediente. Sei un consumatore. Compri spazzatura della quale non hai alcun bisogno. Compri un paio di scarpe da tennis da 200 Euro, perché le usa Magic Johnson. E non rompi le scatole a nessuno. Se vuoi uccidere quel bambino che sta vicino a casa tua, fallo pure, questo non ci preoccupa. Ma non cercare di depredare i ricchi. Uccidetevi fra voi, nel vostro ghetto.

Questo è il trucco. Questo è ciò che i media hanno il compito di fare. Se si esaminano i programmi trasmessi dalla televisione si vedrà che non ha molto senso interrogarsi sulla loro veridicità. E infatti nessuno si interroga su questo.

L’industria delle pubbliche relazioni non spende miliardi di dollari all’anno per gioco. L’industria delle pubbliche relazioni è un invenzione Americana che è stata creata all’inizio di questo secolo con lo scopo, dicono gli esperti, “di controllare la mente della gente, che altrimenti rappresenterebbe il pericolo più forte nel quale potrebbero incorrere le grandi multinazionali”.

La pressione che ci sentiamo addosso di continuo e che, nostro malgrado, ci spinge ad essere sempre più omologati, globalizzati, irreggimentati verso il modello unico del consumatore planetario, non è il frutto di una naturale tendenza dell’essere umano all’omologazione, bensì è il risultato di una imponete e devastante guerra mediatica-psicologica.

Per evitare generalizzazioni è meglio specificare qualche caso.

Le campagne pubblicitarie delle multinazionali, quegli spot da paura, non ci propongono prodotti, ma ci vendono, tramite i prodotti, esistenze virtuali, stili di vita immaginari. Ad esempio gli ultimi spot della Nike ci vendono una vita “ribelle” e “teppista”, ma la campagna è stata studiata per un tipo di consumatore che spesso la cosa più ribelle e teppista che fa è parcheggiare la macchina in doppia fila o sul posto riservato ai portatori di handicap. Ma compriamo quelle scarpe, quella felpa e saremo subito famosi calciatori anche se in realtà siamo schiappe che non prendono la porta neanche da un metro.

Ugualmente McDonald’s non ci prova nemmeno a decantare la “bontà” del cibo che propina alla clientela (in teoria paghi per quello), McDonald’s vende (o spaccia) soprattutto SICUREZZE a basso costo in un epoca dove non sei sicuro se domani lavorerai ancora o se la casa in cui abiti dopodomani la potrai ancora pagare, o se domattina nella casa che occupi ti sveglierà la celere. Mentre da McDonald’s hai la sicurezza di trovare in ogni angolo del mondo lo stesso identico negozio, con lo stesso identico menù e lo stesso identico sorriso “come da contratto” dei commessi.

Lo stesso identico discorso può essere applicato a moltissime situazioni dove il mondo delle corporation sta attaccando le comunità locali… un altro luccicante esempio è Blockbuster,  la catena mondiale di noleggio videocassette. Dentro questi negozi entri gratuitamente nel sogno americano; luci sfavillanti (le stesse di McDonald’s), meraviglie in cartotecnica (le stesse di McDonald’s), commessi sorridenti e gentili (gli stessi di McDonald’s) e poi pop-corn, cappellini, bicchierini, magliette … tutto l’occorrente per essere uguale ai personaggi patinati del film che affitterai, ma la tua indole mediterranea è forse più portata ad un atteggiamento del tipo “frittatona con cipolle, birra gelata e rutto libero“, eppure il sogno americano ci si potrebbe sbriciolare quando appena scesi dall’aereo ci troviamo sotto i colpi dei manganelli elettrici della polizia di Los Angeles.

Nella pubblicità non c’era?

Diteglielo agli Albanesi che sono sbarcati anni fa in Puglia e che cercavano “il Mulino Bianco” o Mara Venier in abito da sera ed invece si sono trovati davanti un popolo che ogni giorno si deve inventare come svoltare la giornata, con le buone o con le cattive.

Ma nel mondo pubblicitario, alcuni particolari vengono omessi, così se vuoi avere un fisico che sia perlomeno vicino a quelli che hai visto girando i canali del tuo televisore o le pubblicità di qualche rivista, dovrai sottoporti ad un regime alimentare nazista, questa sì una vera e propria “obsession”, a base di crusche, fermenti e germogli, se poi al raggiungimento dell’obiettivo l’anoressia è dietro l’angolo e il fisico è ridotto ad un palloncino raggrinzito, potrai sempre credere di vivere nel rutilante mondo dell’alta moda, basta comprare la griffe giusta e sei subito Naomi, Laetitia, Kate & C. anche se poi passi dieci ore al giorno in uno studio commercialista con il solito contratto “acrobatico” e la tua casa non si trova proprio a Beverly Hills.

Insomma nessuno di noi può sperare di rimanere immune o di non essere toccato da questo spiegamento di forze e di mezzi, almeno fino a che non riusciremo a svelarlo ed a capire che per non finire centrifugati (questa è la sensazione che si ha all’uscita di un centro commerciale) occorrono dei cambiamenti radicali, opposizioni radicali, ma soprattutto occorre fare lo sforzo di ragionare con il nostro cervello, oramai semi atrofizzato o sovraccaricato di dati riguardanti magari 400 modelli di telefonini e relative tariffe, 300 tipi di profumi oppure gli schemi tattici di tutte le squadre di serie A europee.

Capire infine che tutto in questo pianeta è concatenato e che alla nostra battaglia ed alla nostra resistenza dobbiamo oramai dare una visione globale.

Agire localmente e pensare globalmente.

Come faccio a commuovermi e ad indignarmi sentendo le notizie che riguardano la prostituzione di bambini in estremo oriente o in Brasile e poi andarmi a mangiare il mio bel “panino” ??  lo farò, fino a che non so che i bambini che fabbricano in Vietnam i gadget in “omaggio”  col panino vengono pagati 8 cent l’ora mentre la “paninoteca” quest’anno ha diviso tra i suoi schifosamente ricchi maggiori azionisti utili per Miliardi di Euro, che per la mia felpa fabbricata ad Haiti a 5.500 chilometri di distanza, migliaia di giovani lavoratrici, poco più che quindicenni, lavorino alla confezione per uno stipendio di circa 27 cent l’ora.

E’ allora che di fronte alla brutalità del lavoro schiavista l’alternativa, quando c’è, è quella della prostituzione, quando in Brasile invece di coltivare cibo per la sussistenza della popolazione viene coltivato il foraggio e le terre vengono utilizzate dai grandi latifondisti per far pascolare i manzi dei nostri hamburger, o per coltivare il caffè dei nostri intervalli. Le popolazioni vengono così spinte verso la foresta o verso le favelas a ridosso delle metropoli dove una parte finisce per dover vendere se o i propri figli al turista sessuale o al ricco locale per mettere insieme il pranzo e la cena, o più spesso, uno dei due.

Fino a quando continueremo a credere alla pubblicità, tralasciando tutto quello che c’è dietro, difficilmente riusciremo ad ottenere cambiamenti che vadano oltre la frequenza di sfarfalli del nostro televisore o una forma più ergonomica per il nostro telecomando.

Se ti interessa approfondire “le malefatte” delle Multinazionali, consiglio di visitare questo indirizzo, e di imprimere nella memoria i marchi ed i modi di agire del “commercio globale”.

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