Una bambina che la giustizia non difende dagli abusi del padre

minori

 Intervista di Alfredo Cosco pubblicata su Il post Italiano

Quante volte chi dovrebbe essere difeso viene lasciato solo?

Quante volte acrobazie giudiziarie non proteggono proprio chi dovrebbe essere protetto per primo?

Quante volte i bambini sono traditi, non solo da un genitore (o da altre figure loro prossime) ma da un sistema che non sa difenderli, un sistema che permette che, perlomeno alcuni dl loro, subiscano abusi psicologici per anni e anni di seguito?

Francesca non è il nome reale della donna siciliana (Messina) di cui leggerete l’intervista.

Francesca da anni sta cercando di difendere, in tutti i modi- la figlia dagli abusi psicofisici che subisce dal padre.

Il più odioso di tutti si è manifestato nell’incessante, nel corso degli anni, controllo, da parte del padre, dell’ano della bambina, allo scopo di ritrovare qualche vaga lesione o accenno di lesione, per potere così denunciare la madre come autrice di maltrattamento.

Due sono le “motivazioni” alla base delle azioni del padre.

  • La volontà di rendere, in tutti i modi, la vita impossibile alla madre; configurando un vero e proprio stalking.
  • Una sorta di distorta e ossessiva volontà di tutela della figlia; configurando una forma di abuso detta “ipercura”.

A livello giudiziario queste violenze psicologiche sono state confermate, ma, non c’è mai stata una condanna.

E’ questo il paradosso di questa storia.

I fatti contestati dalla moglie sono stati considerati reali. Nulla delle dinamiche denunciate non ha ricevuto conferma.

Eppure quegli stessi ambiti giudiziari che hanno confermato la veridicità di quanto denunciato, si sono conclusi, per il padre, con due archiviazioni e una assoluzione.

Nel frattempo questa bambina, nei giorni settimanali spettanti al padre, lo vede senza controlli da parte di altre persone.

Questa bambina continua ad avere quei momenti di pianto disperato, che ha ormai da anni.

E questa donna siciliana si sente tagliare dentro, di fronte alla sofferenza della figlia. Francesca vuole tentare ancora una volta di agire a livello legale.

Chiunque sia bravo a livello di diritti minorili (avvocato in primis, ma anche altra figura) e voglia dare una mano a Francesca, mi contatti e lo metterò in contatto con lei.

Nel frattempo, chiedetele amicizia all’account che ha su facebook (vai al link https://www.facebook.com/madre.dimessina?fref=ts), cercando di esprimerle un senso di vicinanza.

Di seguito l’intervista che ho fatto a questa madre siciliana, alla fine di essa, ho inserito una delle sue poesie dedicate alla figlia.
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-Raccontami la tua storia Francesca.

Io sono di Messina.
Dopo anni di fidanzamento, mi sono trovata incinta di quella che sarebbe stata mia figlia. Quando il mio compagno seppe questo, fu molto scosso. Ero fidanzata con lui da alcuni anni.
Da quel momento ebbi l’impressione che qualcosa fosse cambiato. Per un periodo ci lasciammo. Poi vi fu un tentativo di riconciliazione, ma convivenza risultò impossibile. Ero quasi prigioniera in casa; non mi permetteva di andare a casa di amici o della mia famiglia. Mi colpevolizzava per ogni cosa. Tutto questo divenne si aggravò dal momento in cui nacque la bambina. Per dirtene una, in quel periodo le mie mani erano piene di lesioni in quanto mi obbligava a lavare a disinfettare le mani prima di prendere le bambina. Capii a un certo punto che dovevamo interrompere la convivenza, e così avvenne. Da quel momento cominciò a perseguitarmi.
Cominciò a inviarmi telegrammi per ogni motivo. Se la bambina era raffreddata; se portavo la bambina all’asilo ad un orario che per lui era troppo presto; se la bambina si faceva un graffietto. Ogni cosa era buona per accusare e contestare. Ogni cosa era un motivo per inviare continui telegrammi, raccomandate, sms.

-Ogni quanto, all’inizio, lui vedeva la bambina?

La vedeva il martedì e il giovedì. Dalle ore 15,30 alle ore 20,30. E un fine settimana ogni due settimane. All’inizio c’era l’affido condiviso, ma la vede grosso modo gli stessi giorni, con la differenza che invece di un week end ogni due settimane, la prende con se solo un sabato, avendo lui stesso chiesto che il week end gli fosse ridotto ad un giorno.
Lui è di una rigidità totale. Non esiste che la figlia può fare un viaggio, che possa andare a un matrimonio, alla comunione della cuginetta, se questo va ad intaccare i giorni che a lui spettano per incontrarla. Non c’è la possibilità di dire a lui se quel dato giorno, qualora debba essere fatta una cosa importante, si possa in qualche modo rimandare, se quel giorno possa essere recuperato in un altro momento. Non ci sono ragioni, lui vuole che i giorni siano sempre quelli, qualunque altra cosa possa succedere. Le poche volte in cui non si è potuto fare in modo che la figlia fosse “disponibile” nei “suoi” giorni ha fatto venire i carabinieri, ha fatto ogni sorta di contestazione, denuncia.
Non ho mai contestato il diritto di visita del padre, ma che ci sia un minimo di flessibilità. Se no è come stare legati ad una catena. Se lui per qualche motivo non può esserci in quei giorni, non viene. Ma se la figlia ha qualche problema o esigenza, la cosa non conta. I giorni devono essere quelli, qualunque altra cosa sia in ballo.
Mia figlia ha dei problemi di salute. D’estate sottoporla a spostamenti nel cuore del caldo non le fa certamente bene. Non sai quante volte ho provato a dirle “senti, in estate, le 15:30 non sono un orario consono per prendere una bambina di 2 anni, 3 anni. Prendila pure prima se vuoi, così ce l’hai per più ore. Ma almeno se la prendi prima può dormire a casa tua. Mentre invece così si deve svegliare nel cuore del caldo”. Lui ha sempre rifiutato ogni discorso di questo genere. E se capitava che la bambina dormiva profondamente e non volevo svegliarla, chiamava i carabinieri, che venivano. Immagina la scena surreale dei carabinieri che vengono a vedere la bambina che dormiva.
Ogni cosa è sempre stata l’occasione per colpevolizzarmi e per attuare un comportamento ossessivo. Ti racconto l’episodio dell’uovo. Quando la bambina era piccolissima, lui si era fissato che lei poteva avere l’allergia all’uovo, e voleva, a tutti i costi, che si capisse se lei avesse questa allergia oppure no. La pediatra disse di preparare un uovo sodo –perché più digeribile e di farglielo assaggiare di fronte al pronto soccorso pediatrico, caso mai ci fossero problemi. Ci piazzammo davanti al pronto soccorso pediatrico, e gli facemmo assaggiare un cucchiaio di tuorlo. Aspettiamo un’ora, non si verifica alcuna reazione allergica, e torniamo a casa. Dopo alcuni giorni mi telefona dicendomi che la sorella che è un medico gli avevamo detto che l’uovo alla coque è più allergizzante, e che quindi dovevamo provare con l’uovo alla coque. E così facciamo. Ancora una volta davanti al policlinico, ancora una volta farle assaggiare il tuorlo, ancora una volta passa un’ora e non succede niente. Dopo qualche giorno, mi manda un’altra lettera in cui mi scriveva “bisogna riprovare di nuovo perché bisogna avere la conferma con l’uovo alla coque”. E abbiamo dovuto farlo un’altra volta. Per tre volte abbiamo dovuto fare questa assurdità della prova dell’uovo. Oppure si era fissato che la bambina non doveva essere battezzata nella mia parrocchia. E quindi inviò una raccomandata al parroco dove dichiarava che la bambina non doveva essere battezzata in quella parrocchia. Per altri motivi, mandò anche raccomandate alla pediatra ed all’asilo nido. Oppure, un giorno accadde che mi nipote dette un piccolo morso a mia figlia. Lui fotografò il morso, e mi denunciò. La mia fortuna fu che i giudici, vedendo la foto del morso, ebbero chiaro che non si trattava del morso di un adulto, ma di una bambina senza denti.
Potrei raccontartene all’infinito.
In alcune raccomandate mi scriveva che non potevo uscire dal comune di residenza. O meglio diceva che io non potevo potevo fare uscire mia figlia dal comune di residenza senza avvisarlo; e che non potevo lasciare la bambina a terze persone, tranne che per andare a lavorare. Terze persone inclusi mia madre e i miei parenti. Ma, se io non potevo fare uscire la bambina dal comune e non potevo lasciarla a terze persone, significava che anche io non potevo uscire dal comune. Addirittura, in una raccomandata, mi disse che io dovevo informarlo anche per portare la bambina da una abitazione all’altra.

-Quando ricevevi queste lettere, questi telegrammi, questi sms, che facevi?

Certe volte non rispondevo. Altre volte, consigliata dall’avvocato, rispondevo.
Utilizzava ogni mezzo possibile per ossessionarmi. All’inizio mi tempestava di telefonate. Ho fatto molta fatica per non farmi imprigionare da tutte queste telefonate. Voleva sapere tutto, controllare tutto, sindacare tutto. Mi chiedeva, ad esempio, “cosa ha mangiato la bambina” e io dovevo fargli l’elenco preciso di tutto quello che aveva mangiato.
Quando la bambina era piccola pretendeva di venire a casa mia. Pretendeva di poter venire a qualsiasi orario, senza preavviso. A un certo punto ho voluto che gli orari si regolamentassero. Lui comunque usciva fuori con affermazioni quali: “la stanza dove dorme la bambina è un’aula di tribunale, io posso entrare quando voglio”.
E poi te lo trovavi sotto casa. Una volta che aveva saputo che ero fuori, si è messo sotto casa, e me lo sono trovato davanti quando, alle dieci di sera sono ritornata.
Il maltrattamento psicologico è peggio di quello fisico. Spesso neanche i magistrati ti credono. Eppure ci sono sempre state le prove. Sms, telegrammi, di tutto. Ma non ho mai ottenuto protezione.

-Uno stalking infinito …

Infinito. Da otto anni. Sono otto anni che subisco. Ogni giorno ce ne è una nuova.
Io comunque ho sopportato per anni.
Per anni sono stata completamente succube.
Avevo paure di oppormi, paura che lui potesse fare del male a me e a mia figlia.
Ho cominciato davvero a reagire solo quando ho visto che lui usava anche il corpo di mia figlia per colpire me.
Alla base c’era la volontà di insinuare in tutti i modi che la bambina subisse maltrattamenti da parte mia o della mia famiglia. Si aggrappava a ogni livido o piccolo graffiettino; cose che i bambini si procurano normalmente. Fece molto querele per questi piccoli lividi o graffiettini.
Questa volontà di usare anche il corpo di mia figlia per colpirmi non potevo più sopportarla, e ho reagito per tutelare me e mia figlia. La questione che per me portò tutta la situazione al di là di ogni

-Cos’è una ragade anale?

Un piccolo graffietto, una piccola irritazione a livello dell’ano.

-Quando è successo questo fatto della ragade?

A maggio del 2009, quando capii che lui le ispezionava regolarmente l’ano. Non so con certezza se non lo facesse anche prima. Ma sicuramente a partire dal maggio 2009 è certo che lui ha fatto queste ispezioni.
Tutto quanto emerse quando lui si fissò che bisognava portare la bambina dalla pediatra perché aveva visto tre piccoli lividi. Lui la portava ossessivamente dalla pediatra, e la stessa pediatra gli aveva detto di darsi una regolata, che tutte queste visite non facevano bene alla bambina. Quel giorno gli disse che quei piccoli lividi erano normalissimi in un bambino. Lui allora cominciò a insistere affinché la pediatra controllasse se vi fosse una ragade anale. La pediatra inizialmente era contraria, ma, continuando la sua insistenza, effettuò la visita dell’ano, mentre la bambina, che non voleva quella visita, piangeva disperatamente

Che poi il suo scopo non è mai veramente stato quello di tutelare la salute della bambina, ma quello di colpire me. Perché se no, come gli aveva consigliato il medico, avrebbe evitato, in estate, le ore calde del primo pomeriggi, i giorni che la bambina doveva stare con lui. E invece si ostinava a prenderla alle 15:30.

La pediatra riscontra la presenza di una piccola ragade nell’ano. Al che lui sbotta: “ah, quant’è che lo vista questa ragade”. Io e la pediatra ci guardiamo “come, quant’è che l’hai vista?”. Fu sconvolgente capire che lui le ispezionava regolarmente l’ano. Una cosa assurda, una cosa intollerabile. Una cosa che non avrebbe dovuto fare, perché così non faceva altro che traumatizzare la bambina.

A distanza di poco tempo da questa visita, mia figlia cominciò ad avere crisi di pianto disperate. Queste crisi di pianto scoppiavano soprattutto quando dovevo lavarla o vestire. In quei momenti diceva anche, continuamente, la frase “papà bua culetto”. Crisi di pianto tremende, che non si possono raccontare. Si metteva in un angolino.. “Papà bua culetto”.. pianti strazianti. Io ero avvilita, ero distrutta. Non auguro a nessuna madre di provare mai quello che ho provato io. Queste crisi duravano un cinque minuti, dopodiché tornava rapidamente “normale”, come se non fosse successo nulla.
Questa dell’ispezione dell’ano per lui diventò una ossessione. Mi inviava sms con frasi del tipo “ anche questa volta la bambina ha l’ano irritato”.
Arrivati nel periodo estivo, Un altro giorno, esasperata, gli scrissi: “ti vieto di guardare il culetto della bambina perché così la traumatizzi”. La sua risposta fu “tu non vieti nulla a nessuno perché non hai il potere per farlo”. Nella sua risposta non c’era nessuna vera sollecitazione verso la bambina. La sua risposta era una riaffermazione della sua autorità. Lui voleva farmi capire che poteva fare tutto quello che voleva, e che io non avevo alcuna possibilità di impedirlo.
Con queste costanti ispezioni lui ha fatto un danno enorme alla bambina. Per due anni mia figlia per due anni ha avuto crisi di pianto disperate. Passò tutta l’estate piangendo.
Per avere aiuto e consiglio andai presso gli ambulatori di alcuni psicologi e neuropsichiatri infantili di strutture pubbliche. I vari specialisti consultati mi dicevano che mia figlia avrebbe avuto serie ripercussioni per via di queste ispezioni corporali, ma che senza l’autorizzazione del padre non avrebbero potuto visitarla, in quanto io e lui avevamo l’affidamento condiviso.
Ad agosto mi spaventai davvero. Lui, quel mese, doveva prendere la bambina per dieci giorni. Il giorno stabilito, alle 14,30, viene a prendere la bambina. Dopo tre quarti d’ora mi manda un messaggio in cui c’era scritto “la bambina ha nuovamente l’ano irritato”. Io rimasi di sasso. Ma come? Te la devi tenere dieci giorni a casa tua, manco sei arrivato e già le hai ispezionato l’ano? Quel giorno stesso fece venire a casa sua un pediatra a pagamento, che tra l’altro non riscontrò nulla, neanche una lieve ragade. Quindi, nello stesso pomeriggio, nel pomeriggio del primo giorno in cui la bambina doveva stare col padre, aveva già subito due ispezioni anali; una del padre e una del pediatra.

Il 3 ottobre 2009 decisi di portare la bambina al pronto soccorso pediatrico del policlinico di Messina. Lì riscontrarono la presenza di un grave maltrattamento psicologico. Le hanno diagnosticarono “turbe della sfera emotiva affettiva secondaria a grave patologia dell’accudimento”. Cioè “ipercura”. La neuropsichiatra infantile che aveva seguito la piccola durante il ricovero dichiarò che era il caso che il padre vedesse la bambina in maniera controllata per evitare che la bambina avesse problemi in futuro.
Essendo intervenuta la polizia a seguito di segnalazione da parte del pronto soccorso pediatrica, ho denunciato il padre per i suo comportamenti verso la bambina. A quel punto il Tribunale per i minorenni mi diede l’affidamento esclusivo, anche se lasciò invariato il diritto di visita paterno; delegando i servizi sociali affinché non fossero causati altri danni a mia figlia. Ma questa “delega” rimase lettera morta. Non vi fu mai alcun intervento in tal senso. Nonostante la neuropsichiatra aveva detto di fare le visite controllate, e nonostante la “delega” del tribunale dei minori, lui ha continuato a vederla e la vede ancora senza alcun “controllo”.
Anche nel caso della ragade anale, il suo principale scopo è quello di colpire me, di colpevolizzarmi. Riscontrare la ragade anale era collegato al suo tempestarmi con messaggi del tipo “è colpa tua se la bambina ha questa ragade anale”.
Comunque, quando contestai la cosa, visto che le ispezioni corporali in alcuni casi vengono definite quali abusi sessuali mascherati, venne aperto, a suo carico, un fascicolo per abuso sessuale. La cosa assurda è che avendo il medico scritto, in modo sintetico, che io avevo detto che il padre abusava di mia figlia, io sono stata rinviata a giudizio per calunnia. Premesso che non usai la parola abuso; io parlai di maltrattamento psicologico, che comunque è una forma di abuso; l’ipercura, nello specifico, è una forma di abuso. E invece sono stata rinviata a giudizio per calunnia, perché lo avrei accusato di aver compiuto abusi sessuali nonostante non abbia mai inteso denunciarlo per ciò.
E mentre si apriva un procedimento contro di me per calunnia a seguito di rinvio a giudizio della Dott.ssa Lino, su richiesta del PM Dott.ssa Todaro, in merito alle mie accuse verso di lui, il giudice decise di archiviare, nonostante il CTU avesse riscontrato l’effettiva presenza di maltrattamento da parte sua. Una volta riscontrato il maltrattamento da parte del CTU, invece di procedere per il reato di abuso sessuale, si sarebbe dovuto procedere per il reato di maltrattamento. E invece il PM Dott. Ammendola ha chiesto l’archiviazione e il giudice, la dott. Orlando, ha archiviato.

-Quindi il CTU riconobbe le tue contestazione al padre?

Assolutamente. In un passaggio il CTU scrisse che “si possono rintracciare gravi vissuti di preoccupazione ed ansia, che rientrano nell’ambito di una chiara sintomatologia post traumatica, compatibile con una condizione di maltrattamento, e presumibilmente riconducibile ad una condizione di grave ipercura e alla situazione di elevata tensione famigliare a cui la minore è esposta.”

-Ma se il CTU ha diagnosticato il maltrattamento, perché il giudice ha deciso di archiviare?

Non so risponderti. Nel decreto di archiviazione lo stesso giudice dice che quello che il padre ha commesso è un abuso. Cito un passaggio: “in effetti, dall’intero contesto investigativo, emerge che l’odierno indagato, ossessionato dalla cura e dall’igiene della figlia e convinto che nella figlia fosse presente una ragade anale, effettuava delle ispezioni corporali nell’ano della stessa, sottoponendola così ad un fortissimo stress. Tale fatto configura senz’altro un abuso ai danni della bambina, come anche le manifestazioni esagerate, del resto ben evidenziate nei provvedimenti del Tribunale dei Minori, e della Corte di Appello, nei quali è stato fortemente stigmatizzato il comportamento del (padre), al quale è stata per tali ragioni limitata la potestà genitoriale.” Quindi penseresti che se il CTU riscontra l’abuso e se il giudice conferma l’abuso, si proceda allora per l’abuso. E invece il giudice ha archiviato, motivando l’archiviazione col fatto che il padre fosse troppo ossessionato per la salute della figlia.

-Ma che c’entra? Anche se fosse stato ossessionato solo dalla cura della figlia, un reato resta un reato, un abuso resta un abuso …

Io feci di tutto per fare riaprire le indagini, presentando una seconda querela, nel quale inserii tanto materiale, come molti sms che il padre mi aveva inviato. Una volta ricevuta questa lunghissima querela, il PM Dott.ssa Arena fece uno stralcio. Riguardo all’ipotesi di maltrattamento verso mia figlia, chiese l’archiviazione, motivandola col fatto che per quella ipotesi si era già precedentemente proceduto ad archiviazione. E invece disse che c’erano gli estremi per il rinvio a giudizio per il reato di stalking per il quale ero parte offesa. Io mi opposi a quella decisione. Una decisione incomprensibile. Certo che io ho subito e subisco stalking. Ma ciò non toglie che è mia figlia che subisce il danno principale. E’ lei che subisce il maltrattamento in prima persona. Il fatto che una bambina venga usata da un genitore per colpire l’altro genitore, non solo non esclude il maltrattamento, ma anzi è doppio maltrattamento. Fatto sta che io mi opposi a quest’archiviazione. Al che la dottoressa Orlando che aveva disposto la prima archiviazione, alla luce della querela e di tutte le cose in essa presenti, dispose la riapertura delle indagini.
Ma anche questa seconda indagine si concluse con una seconda richiesta di archiviazione a firma di tre magistrati (Dott.ssa Fradà, Dott.ssa Arena e Dott. Barbaro) a cui seguì il secondo decreto di archiviazione a firma della Dott.ssa Marino. La seconda richiesta di archiviazione, che è stata firmata da tre giudici, è lunga cinque pagine. Ti cito un passaggio:

“Alcun dubbio vi è nella verificazione degli episodi oggetto delle denunce e consistenti nelle ispezioni corporali poste in essere nell’anno 2009. Tuttavia tali episodi vanno correttamente inquadrati dal punto di vista tecnico-giuridico non già quali manifestazioni della condotta di maltrattamenti, ma alla diversa fattispecie di cui all’art. 612 bis codice penale, posta in essere nei confronti tanto della piccola, quanto dell’ex compagna”.

In pratica i comportamenti che ho contestato al padre di mia figlia, vennero riscontrati come reali. Ma l’archiviazione venne questa in quanto –questo voleva intendere la motivazione- non si trattava di maltrattamento ma di stalking. E non posso che ripeterti quanto è assurdo derubricare tutto quanto era avvenuto a stalking. Ma mia figlia cos’è? Uno strumento, un oggetto, un telegramma, una raccomandata? Non è una persona? Non ha i suoi diritti di essere tutelata per maltrattamento? Siccome mia figlia è stata usata come strumento per colpire me, anche se lei ha subito il danno principale, non è maltrattamento ai suoi danni. Nella stessa relazione scrivono anche che lui

“ha agito con la consapevolezza e la volontà di utilizzare le condizioni di salute della figlia, come pretesto per molestare l’ex compagna, accettando il rischio che tali condotte coinvolgessero anche la figlia diventando anche lei l’oggetto di condotte persecutorie”.

Cioè loro riconoscono che lui ha volutamente utilizzato le difficili condizioni di salute della figlia per attuare condotte persecutorie, accettando il rischio che la stessa figlia subisse un danno psicologico.

-A quel punto, archiviato il maltrattamento, doveva perlomeno esserci il procedimento di stalking …

Sì, iniziò il processo per stalking. Processo che si è concluso l’8 gennaio del 2014, con sentenza della dott. Zumbo. Nella sentenza viene riconosciuta tutta la deleteria condotta del padre e i danni che essa ha causato alla figlia. Insomma, viene confermato tutto. Si sottolinea, anche, come da parte mia non vi fosse alcun intento calunniatorio “La logicità del narrato della persona offesa, benché costituita parte civile, si evince dalla coerenza e dalla logicità che caratterizzano le sue dichiarazioni nonché dalla “percezione mostrata” dalla donna che appare incompatibile con l’intento calunniatorio”.

Quindi il giudice mi ha ritenuto attendibile, e ha valutato le mie contestazioni come non calunniose. Il giudice ha riconosciuto come reali tutti i comportamenti dannosi attuati dal padre, e le loro gravi ripercussioni sulla figlia. E quindi, ogni persona sana di mente penserebbe che la sentenza sia stata di condanna, no? E invece è stato assolto, con la motivazione che lui aveva agito “perché preoccupato per la salute della figlia”. Una sentenza di 23 pagine, dove ogni rigo sembra dire “colpevole, colpevole, colpevole”. E invece è stato assolto.

-Altra sentenza incomprensibile. Altra motivazione assurda. Ci sono casi in cui anche i peggiori criminali hanno agito spinti da una “motivazione benefica”. Che diavolo c’entra. Se si fa un abuso è un abuso. Se si fa un maltrattamento è un maltrattamento. Se si fa stalking è stalking. Non c’entra assolutamente nulla che –sempre se fosse vero- la motivazione dell’abuso e dello stalking fosse stata quella della preoccupazione per la saluta della figlia. Tutta questa vicenda è costellata da contorsioni logiche e contraddizioni giuridiche.

Sì…
La mia vicenda è incomprensibile. Se la racconto a chi non la conosce non mi credo.
In questa storia tutti gli interventi medici e giudiziari hanno riscontrato la perfetta verità di ciò che ho detto, delle accuse e delle denunce che ho fatto.
In tutte le sedi è scritto che ciò che ho scritto è reale.
La neuropsichiatra infantile parlò di ipercura e chiese che i colloqui col padre avvenissero sotto controllo.
I giudici riscontrarono che la bambina era stata “usata” per colpire me e da ciò aveva subito danno, ma archiviarono per due volte l’ipotesi di maltrattamento.
L’ipotesi di maltrattamento venne archiviata, facendo seguire ad essa l’ipotesi di stalking, e nel processo per stalking mi si diede ragione su tutta la linea, ma lui venne assolto perché il padre avrebbe agito spinto dalla preoccupazione per la salute della figlia.
In tutta questa vicenda, pur essendo sempre state riconosciute tutte le colpe del padre, in merito ad esse ci sono state archiviazioni e assoluzioni. Mentre a carico mio grava il rinvio a giudizio per calunnia, per il motivo che ti avevo descritto in precedenza. Va a finire che, in tutta questa vicenda, l’unica che verrà condannata sarò io che ho sempre cercato di difendere mia figlia.
E mia figlia continua a vedere, senza alcun controllo, senza alcuna tutela, una persona di cui è stato ammesso, nelle varie sedi, il comportamento deleterio e traumatizzante verso di lei.

-Hai impugnato la sentenza?

Sì.. ma i tempi sono lunghissimi. Si parla di un anno per l’udienza in corte d’appello. Fortunatamente anche il PM Dott.ssa Arena ha presentato l’appello avverso questa sentenza.

Comunque, in ambito giudiziario sono accadute anche altre cose incomprensibili. Come la “sparizione” di una parte di una perizia. Dieci righe sparite…

-Spiega meglio…

Si tratta di una registrazione. La perizia venne fatta su una registrazione. Questa registrazione era stata fatta il 25 dicembre –il giorno di Natale- del 2010. Quel giorno la bambina era col padre e i suoi famigliari e lui aveva registrato un colloquio che lui e questi famigliari avevano avuto con la bambina. In questo colloquio lui voleva che la bambina dicesse che la frase “papà bua culetto” era una menzogna. In questa registrazione si sentono il padre e gli altri quattro famigliari che continuamente, ossessivamente dicono alla bambina
“dillo che è una bugia, vero che è una bugia, dillo che è una bugia.. vero che è una bugia? Dillo che è una bugia”. La bambina piange disperatamente, e dice “basta, basta”. Alla fine, dice che si trattava di una bugia. Immaginati una bambina di quattro anni e mezzo.. già traumatizzata di suo.. con cinque persone, il padre e quattro famigliari, che ossessivamente le dicono di dire che quella frase era una bugia.. alla fine è normale che la bambina non ce la fa più e per accontentarli dice che si trattava di una bugia. In un altro passaggio di quella registrazione, i suoi genitori e la sorella dicono al padre “sei tu che gliela ricordi questa cosa, sei tu che gliela stai ricordando”. E tutto questo è avvenuto il giorno di Natale. Tu porti tua figlia a casa sua il giorno di Natale e, insieme con la tua famiglia, la sottoponi al terzo grado?

-Ma c’è un’altra cosa che mi chiedo. Con questo tipo di registrazione non solo non dava manforte alla sua versione della vicenda.. ma anzi si gettava drasticamente e definitivamente la zappa sui piedi. Eppure, lui ha fatto una registrazione di questo tipo e l’ha presentata come prova?

Esattamente… la presentò come prova contro di me. E fu proprio il suo perito di parte a trascriverla integralmente. Infatti nella versione del perito di parte –il “suo” perito, ripeto- sono presenti i passaggi che ti citavo prima, ovvero il terzo grado fatto alla bambina, e il passaggio in cui i suoi famigliari dicono al padre che era lui stesso a ricordarle alla bambina quella frase. Bene, nella perizia fatta dal perito d’ufficio, dal perito nominato dal giudice, quelle dieci righe spariscono. Io ho fatto un sollecito per chiedere che venisse reintegrata la trascrizione, ma non ho avuto alcuna risposta.
Il procedimento in questione è proprio quello nel quale sono stata rinviata a giudizio per calunnia nonostante abbia sempre denunciato cose che sono risultate vere nelle indagini. Inoltre, il danno psicologico subito da mia figlia è stato diagnosticato sia dalla NPI del Policlinico, sia e dalla psicologa durante l’incidente probatorio. Eppure vengo ingiustamente processata. La prossima udienza si svolgerà il 10-07-2014 dinnanzi al giudice Dott. Micali. All’ingiustizia che sto subendo, si aggiunge anche il fatto che, quasi a fine dibattimento, ho dovuto chiedere la rinnovazione di tutto il dibattimento in quanto il precedente giudice, Dott.ssa Militello, è stata spostata ad altro ufficio giudiziario. Quindi, vengo processata due volte, nonostante sono innocente.
E te ne dico un’altra. Recentemente lui ha chiesto al Tribunale di Messina, sezione di volontaria giurisdizione, la riduzione del diritto di visita, dal week end a solo il sabato pomeriggio; riduzione di cui ti avevo accennato all’inizio. Nell’occasione anche io ho fatto delle richieste. Ho chiesto, innanzitutto, una tutela per mia figlia, richiamandomi anche alla perizia dove si riscontravano le condotte ossessive del padre verso la bambina e i traumi che essa subiva. Chiedevo sostanzialmente di fare in modo che il padre potesse vedere la bambina in presenza dell’assistente sociale. In subordine, ho chiesto anche di mettere per iscritto che se c’è un matrimonio, se c’è una occasione importante -anche se si trattasse uno dei giorni che spetterebbero a lui- sia consentito a me e a mia figlia possiamo andare, senza incorrere in denunce. Il provvedimento del giudice accolse solo l’istanza del padre che chiedeva la possibilità di prendere la figlia solo un sabato ogni due settimane e non il week end. E a ciò aggiunse soltanto “per il resto mettetevi d’accordo”. Ma se eravamo nella situazione di poterci mettere d’accordo, avrei fatto quelle richiesta al giudice? Ci sarebbero state tutte quelle denunce, querele, sentenze? E poi, la cosa intollerabile è stata che la mia richiesta di tutela di mia figlia mediante visite del padre in presenza dell’assistente sociale (come consigliato dalla NPI del Policlinico di Messina) non è stata neanche citata, neanche per respingerle, neanche per dire “Non si ritiene di..”. Sono state completamente ignorate.

-Adesso come stanno continuando le cose?.

Io sono prigioniera, e con me mia figlia. Ti racconto un altro episodio. Una volta ho dovuto portare la bambina a fare un day hospital a Roma; in merito alle sue problematiche condizioni di salute. Lui era contrario a questo day hospital, e fui costretta a chiedere l’autorizzazione del tribunale per poterla portare; autorizzazione che mi venne concessa. Il day hospital si sarebbe svolto venerdì. E lui, venerdì stesso, mi manda un fax col suo avvocato. In questo fax esigeva che la bambina fosse stata di ritorno per il giorno dopo, sabato, a Messina, per le 15:30, perché doveva prenderla e portarla a teatro. C’è bisogno di commentare? C’è una bambina in difficili condizioni di salute; si è già sobbarcata un viaggio per andare a Roma e sottoporsi a un day hospital; il day hospital è venerdì e tu vuoi che sia di ritorno a Messina per le 15,30. Ritornare per le 15,30 avrebbe voluto dire viaggiare di notte o comunque partire non oltre le sei di mattina. E quindi sottoporre a un lungo viaggio, a un orario assurdo, una bambina reduce da un day hospital. E per cosa? Per portarla a teatro alle 15,30? Una bambina che dovrebbe arrivare stanchissima, e tu subito dopo dovresti portarla a teatro. E non ti dico quanti sms mi ha inviato perché facessi come lui mi diceva. Io naturalmente non sono potuta tornare per le 15,30.. e vai con denunce, ecc.
Ma se –come ha tra l’altro detto la sentenza di assoluzione- si tratta di un padre preoccupato per la salute della figlia- non avrebbe dovuto venire anche lui a Roma per il day hospital? E non avrebbe dovuto mai neanche solo lontanamente sfiorare la richiesta assurda che invece mi aveva ossessivamente fatto?
Lo scopo è sempre lo stesso. Ossessionarmi, non farmi respirare, rendermi la vita impossibile.
Questa è la mia vita. Continue pressioni. Continua paura. Un’ansia continua. L’essere incatenata al calendario. Per sapere se la tal cosa si svolge in un giorno che tocca a lui. Io non posso avere una vita? E neanche la bambina può avere una vita sociale?

-Gli abusi, quindi, non si sono mai fermati …

Mai. Anche oggi che la bambina ha 8 anni e capisce subisce una serie di maltrattamenti psicologici. Ritorna piangendo dalle giornate passate col padre, perché il padre le impedisce di viaggiare, perché non le fa esprimere la sua opinione, perché deve sempre sottostare a quello che vuole lui. Io neanche so a chi mi devo rivolgere per tutelare mia figlia. A complicare tutto c’è anche il fatto che le competenze dei figli naturali sono passati al giudice ordinario, per quanto riguarda l’affidamento, ecc., c’è una grossa confusione.
Comunque, non gliene lascia passare una. Tanti episodi che messi tutti insieme causano un danno enorme. Anche perché si tratta di una bambina con molti problemi di salute. Una bambina sensibilissima, che somatizza tanto. Una bambina che ha crisi di vomito, continui attacchi di mal di stomaco e di mal di testa… appunto perché somatizza tutto.
La cosa che mi tormenta di più è proprio vedere mia figlia soffrire.
Lei tante volte mi dice “mamma io non ci voglio andare da papà. Gli possiamo telefonare dicendo che sto male?”.

-Ma se un bambino non vuole vedere un genitore, non deve essere costretto a vederlo.

Ma se in uno dei giorni a lui assegnati non gliela faccio vedere, lui mi chiama i carabinieri.. E se poi, magari, la bambina davanti ai carabinieri, davanti a suo padre, si intimorisce? Se va a finire che i magistrati poi pensano che sono io che metto la bambina contro il padre. Ora c’è la PAS (sindrome di alienazione parentale).
E l’ossessività del padre si manifesta anche i giorni in cui non la vede. Perché in quei giorni lui le telefona. Sono telefonate assurde, in cui è ossessivo, la tormenta. Telefonate lunghe, sfibranti.
Oppure, in tanti casi, quando la figlia vuole fare una cosa e lui non è d’accordo, lui le dice “Devo parlare prima io e poi parli tu”. E a volte passano tre giorni di seguito, tre giorni di seguito in cui parla lui, prima che arrivi il turno, per mia figlia, di dire la sua.
Hai capito in che situazione da incubo vive mia figlia?

-Che farai adesso?

Voglio fare un’altra istanza. La mia intenzione è quella di fare una denuncia di maltrattamento allegando il materiale raccolto in questi anni e anche allegando la registrazione di alcune telefonate assurde. Chiederò in questa denuncia che mia figlia venga finalmente tutelata. Si dice che nel nostro ordinamento i minori vengono protetti. Io in otto anni non ho mai visto proteggere mia figlia. Farò quest’ultima istanza, sperando che finalmente, almeno essa, vada bene, secondo giustizia. Se andasse male, non saprei più come fare. Queste cose costano. Ho speso tantissimo in avvocati. Non posso continuare ad andare avanti così ancora a lungo.
Ho paura.. la mia più grande paura.. è che mi levino la bambina.. che finiscano col levarmela… perché ormai una madre che cerca di tutelare mia figlia viene interpretata come una madre che vuole allontanare la figlia dal padre. Invece non è così. Vorrei solo che mia figlia crescesse serena, senza subire continuamente pressioni psicologiche dal padre, considerate anche le sue cagionevoli condizioni di salute, che si aggravano con lo stress.

-Non arrenderti Francesca.

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LACRIME DI BIMBA

Nessuno asciuga le lacrime di

bimba, il suo pianto si perde

nell’eco del tempo che

scorre incurante, lasciando

ferite nascoste, profonde, aperte

per un amore inadeguato,

per una giustizia indifferente

che sente senza ascoltare,

che vede senza guardare,

che tappa la bocca pure

ad una mamma che prova

a chiedere aiuto…

 

 

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Un commento

  1. Non capisco, sono stato esperto esterno (Giudice non togato) del Tribunale dei Minori di Messina, ho conosciuto Giudici molto scrupolosi, come il Dott. Michele Saya, che se non è andato in pensione è diventato Presidente del Tribunale, dopo il pensionamento del dr. Deodato. Francamente questa storia mi lascia allibito! Ricordo che col Dott. Saya, il Dott. D’Amico, il Dott. Di Bella, oggi ritornato di nuovo a Reggio Calabria, esaminavamo molto attentamente i casi posti alla nostra attenzione. La mia non è certo una difesa d'ufficio dei Magistrati, dal momento che ambisco ad un a riforma che ne limiti i poteri ed aumenti la trasparenza in tutte le procedure poste in essere da qualsivoglia Magistrato

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