Pandemia … di profitto

19 Luglio 2009

Mentre leggete l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato ufficialmente l’influenza suina “pandemia” (per diffusione, non per intensità).
Prima di ragionare sulla nuova “peste”, che in circa 6 mesi ha causato 19.000 casi di infezione in 66 paesi e 117 morti in tutto il mondo, prendiamo in considerazione i dati seguenti, sempre dell’O.M.S.:

 

  • ogni 3 secondi muore un bambino per fame e denutrizione;
  • ogni 8 secondi muore un bambino per acqua contaminata;
  • ogni 5 minuti muore un bambino per mancanza di cure mediche;
  • ogni minuto muore una donna incinta per mancanza di cure mediche,
  • ogni anno muoiono, per denutrizione, 530.000 donne incinte;
  • ogni anno muoiono nel mondo circa 1 milione di persone a causa dell’influenza “stagionale”.

 

L’influenza suina ha avuto, ufficialmente, inizio in un paesino messicano, La Gloria, dove esiste uno dei più grandi allevamenti industriali di suini, la Granjas Carroll, proprietà di una multinazionale nord-americana, la Smithfield. In realtà da mesi gli abitanti di La Gloria avevano denunciato l’insorgenza di affezioni respiratorie acute che avevano colpito il 60% degli abitanti del piccolo paese, dopo anni in cui portavano avanti una dura lotta contro la contaminazione ambientale causata dagli allevamenti intensivi.
Il sistema di allevamento industriale capitalistico è il principale responsabile di questa, come di altre, “pandemie” (come l’influenza aviaria, il morbo della “mucca pazza”, ecc. ).
Il Messico, come molti altri paesi, grazie ai Trattati di Libero Commercio sottoscritti con gli Stati Uniti, è diventato il paradiso (sporco, sporchissimo) per le grandi transnazionali dell’allevamento che, dovendo affrontare non solo i costi della mano d’opera ma anche le restrizione imposte nei loro paesi, hanno trovato molto più conveniente spostare le loro produzioni in paesi con mano d’opera a bassissimo costo e una legislazione o inesistente o molto più blanda. A seguito delle indicazioni del Fondo Monetario Internazionale la sanità pubblica e i servizi di prevenzione sono stati tranquillamente azzerati, così che davanti alle denunce degli abitanti di La Gloria nessuno ha pensato di fare analisi per capire di che virus si trattasse.

Così la febbre suina – riconosciuta come tale e diventata il nuovo spauracchio che ha conquistato le prime pagine dei giornali per mesi – è diventata tale solo quando, portata in altri paesi principalmente dai turisti, si è trasferita da un paese povero a paesi ricchi. E’ riuscita ad alzare una cortina di ferro oscurando le notizie sull’acutizzarsi della crisi economica, sull’inefficacia delle politiche di “salvataggio” di banche e grandi aziende, sullo scandalo dell’impunità per i torturatori di Abu Graib.

I “signori” del Tamiflu
Nel bel mezzo della crisi economica mondiale, i produttori degli antivirali Roche (Tamiflu) e GlaxoSmithLine (Relenza) – gli unici a livello mondiale che producono i principi attivi dei medicinali – hanno visto non solo moltiplicarsi le loro vendite, ma le loro azioni alzarsi in Borsa rispettivamente del 7% e del 5% dall’inizio della diffusione dell’influenza suina, per un valore complessivo di circa 8.800 milioni di euro.
Seguiamo la storia del Tamiflu. L’antivirale fu inventato dalla Gilead Science Inc. ed è stato raccomandato dall’OMS come trattamento anche per la precedente influenza aviaria.
Il presidente della Gilead, che avrebbe poi ceduto il brevetto alla multinazionale svizzera Roche era, dal dicembre 1997 fino al 2001, Donald Rumsfeld che, dopo aver dato le dimissioni per assumere la direzione del Pentagono, ha conservato il suo pacchetto azionario della società.
Roche continua a pagare a Gilead il 22% dei profitti derivanti dalla vendita del Tamiflu.
Oggi il prezzo di una confezione di Tamiflu è di circa 40 dollari. Il maggior acquirente del medicinale è l’esercito statunitense, dopo che proprio Rumsfeld ha imposto la somministrazione obbligatoria del Tamiflu alle truppe nord-americane. Gli altri governi del mondo occidentale si stanno attrezzando e comprano ingenti quantità dell’antivirale.

Fantapolitica?
Non bisogna dimenticare comunque che dal 1945 fino agli anni ’90 gli USA hanno sperimentato nei laboratori militari armi chimiche e batteriologice, sperimentate non solo sui propri cittadini ma in giro per il mondo: valga ad esempio Cuba, dove fu introdotto il virus della peste suina (non trasmissibile agli esseri umani) nel 1972, causando l’abbattimento di più di mezzo milione di maiali. Qualche anno dopo quattro nuove “piaghe” colpirono l’isola: la congiuntivite emorragica, il dengue (che fece più di 150 morti, in maggioranza giovani), la ruggine della canna da zucchero e la muffa azzurra del tabacco.
Nel 1994 il presidente USA Bill Clinton chiese “sincere scuse” per queste pratiche, assicurando che non si sarebbe mai più ripetute.
Pochi mesi fa anche la Bolivia di Evo Morales – nel bel mezzo degli scontri più violenti con l’oligarchia della “Media Luna”- ha dovuto far fronte ad un’epidemia di dengue, mai verificatasi prima nel paese.

In Bolivia, come in molti altri paesi, il sistema di sfruttamento capitalistico intensivo delle coltivazioni che prevede l’impiego di agrotossici (come il tristemente famoso glifosato) ha causato, oltre all’avvelenamento delle popolazioni oltre che delle acque e dell’ambiente, la scomparsa di rane, bisce e altri animali che regolavano le popolazioni di mosche e zanzare che oggi proliferano senza più nemici naturali. Da qui l’insorgere di “nuove” malattie che, grazie alla globalizzazione, fanno il giro del pianeta in pochi giorni.

Torniamo alle cifre iniziali. Tutti questi numeri hanno una relazione stretta con la miseria, lo sfruttamento e la ricerca del massimo profitto. Le infermità di cui muore la maggioranza dei poveri potrebbero essere curate con pochi euro.
Se l’influenza suina è già pandemia, perché non si autorizza la produzione degli antivirali al di là delle patenti possedute da Roche e Glaxo?
Perché la proprietà privata è “sacra”, i costi li pagano gli sfruttati anche quando questo significa malattia e morte ed i profitti sono – e devono restare – privati anche davanti a milioni di vittime. Esattamente come succede per la più generale crisi economica: concentrazione di capitali (vedi l’operazione Fiat-Chrysler), massicci “aiuti” di stato a banche, assicurazioni e imprese da un lato e cassa integrazione, licenziamenti, miseria crescente dall’altro.

Socialismo o barbarie: non vi è altra alternativa. O lavoriamo per organizzarci e distruggere la barbarie capitalista o diamoci appuntamento alla prossima pandemia.

 

Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88 – 20099 Sesto S. Giovanni

 

Fonte : http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o15490

 

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